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lunedì, febbraio 23, 2009

DARIO, IL TRAGHETTATORE 

La pletorica assemblea del PD ha nominato Dario Franceschini – già vice di Veltroni – alla carica di Segretario, almeno fino all’ottobre prossimo; come avviene in questi casi si parla di “discontinuità” e si elegge il vice di quello che – a detta degli iscritti PD – ha combinato più guai che cose buone: alla faccia della logica!
Nel discorso di investitura, Franceschini si è rivolto alle masse catto/comuniste, invitandole alla massima unità di intenti: la classe dirigente non ha dato il buon esempio in quanto né Veltroni né D’Alema erano presenti all’Assemblea.
La patata che gli è stata consegnata è veramente bollente, in quanto il partito è reduce da una serie di sconfitte, interrotte solo dalla vittoria di Dallai in Trentino; da notare che in quest’ultima circostanza il PD si è presentato insieme a tutte le altre forze di sinistra e con questo sistema ha ottenuto la vittoria.
Una cosa che è certamente mancata alla chiusura della fase veltroniana del partito è la rivelazione alle “gente” degli errori commessi dalla coppia Veltroni - Franceschini; forse, ripartire dall’identificazione e ammissione di errori compiuti in passato, avrebbe facilitato la ricostruzione del partito sulle macerie della sconfitta sarda: si è preferito scimmiottare il comportamento di Berlusconi e demonizzare l’avversario.
È indubbio che il connubio di due partiti che si uniscono per formarne un terzo, ha rappresentato un’impresa non di poco conto, tant’è vero che gli stimoli a riprendere ognuno la propria libertà sono e restano fortissimi; diversi dirigenti dell’anima DC, in queste ore, si stanno interessando al lancio del nuovo partito che dovrebbe coagularsi attorno all’UDC di Casini e che dovrebbe raccogliere frange di tante coalizioni ora esistenti, il tutto votato alla tanto sospirata costruzione di un autentico centro moderato, attrazione per buona parte dell’elettorato italiano: insomma rifare la DC!!
Franceschini ha detto una cosa bellissima e rischiosa, cioè ha affermato che “sarò io a fare le nomine, me ne assumerò le responsabilità e che nessuno di quelli che stanno applaudendo ora, venga da me per chiedere nomine”; ed ha aggiunto “il mio lavoro avrà termine ad ottobre e fino ad allora non avrò né padrini né protettori; le vecchie personalità verranno ascoltate ma non coinvolte nelle decisioni”.
Sono affermazioni di maniera per tirare su il morale di una platea abbacchiata o sono dichiarazioni che – pur con il rischio del velleitarismo – tentano un sostanziale cambiamento del sistema partito? L’uomo solo che comanda e tutti gli altri che ubbidiscono e basta è aspirazione di molti; per la verità il buon Berlusconi viene attaccato da tutti per questo atteggiamento, ma lasciamo correre.
Quel che resta della giornata romana, si può ricondurre a due concetti: il primo è quello che la gente comune, gli iscritti, hanno le scatole piene delle diatribe tra i due galletti (Veltroni e D’Alema) e sono stufi di assistere a piccoli (ma grossi) litigi tra i due, senza che ne venga a galla la vera identità e la seconda è l’assenza di questi due che hanno preferito “non esporsi” alle possibili contumelie della platea.
Comunque, a margine dell’Assemblea del PD, ci sarebbe da citare un articolo apparso sul “Time” in cui si incorona il neo candidato a Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, come unica figura che potrebbe incarnare l’Obama italiano: “è giovane, internettiano (cioè usa internet), pragmatico e quindi potrebbe essere il personaggio ideale a sostituire Veltroni alla guida del PD”; la replica di Renzi è tipica del bravo ragazzo ma un po’ figlio di buona donna: “sono lusingato dell’attenzione ma il paragone non regge”; mi chiedo: il paragone con chi, con Obama o con Veltroni?

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