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giovedì, gennaio 29, 2009

MA COME, SI PARLA ANCORA DI ETNIE ?! 

Credevo che il termine “etnie” fosse scomparso, se non dai vocabolari, almeno dalla pratica comune e invece me lo ritrovo nientemeno che in una ordinanza comunale; immaginate la sorpresa! Ma andiamo con ordine e vediamo l’editto!!
La Giunta Comunale di XXXXX ha deliberato che “nel centro storico non è ammessa l’attivazione di esercizi di somministrazione la cui attività sia riconducibile ad etnie diverse”; piccolo commento: ma “diverse” da chi? O meglio ancora, diverse da cosa? Insomma, quale è la base di riferimento? Ma siamo noi, cribbio! Ma noi chi? Noi !!
Il testo, o come lo abbiamo chiamato, l’editto, è stilato in puro stile burocratese, ma da un Ente Pubblico locale non c’era da attendersi niente di meglio; vediamo, prima di addentrarci nelle riflessioni, che cosa si intende per “etnia”, usando, come al solito il fidate Devoto – Oli: “raggruppamento umano basato sulla presenza di caratteri somatici, culturali, linguistici comuni”.
Mi sembra quindi sufficientemente chiaro a cosa si allude: noi, che c’eravamo prima, abbiamo i caratteri somatici e linguistici comuni, mentre voi che siete venuti dopo li avete diversi; chiaro il concetto??
In concreto, mi sembra che non si potrà aprire ristoranti che facciano cucina araba, africana, giapponese, cinese, vietnamita e – discriminazione all’interno della discriminazione – kasher, cioè ebraica.
Voglio subito premettere che non ho mai messo piede in ristoranti del genere, preferendo – caso mai - il vecchio panino col prosciutto e spero di poter continuare in questa discriminazione gastronomica, ma non riesco ad afferrare il motivo per cui queste somministrazioni, come le chiama l’editto comunale, non possano coesistere accanto al trippaio, al venditore di porchetta e perché no, anche vicino a ristoranti onusti di gloria e di stelle.
La Giunta del luogo che indico con XXXXX, dopo le prevedibili polemiche, si è affrettata a precisare che la normativa è tesa a “difendere la specificità del centro storico”; per la verità questa motivazione assomiglia assai a quella di un certo signore con i baffetti che diceva di difendere la specificità della razza ariana e pertanto gettava nei forni a gas tutti coloro che non lo erano; ma credevo che i tempi fossero cambiati e ormai si fosse capito che questa è una battaglia perduta in partenza!
Insomma, nel comunicato sopra citato, c’è un connotato razzista, laddove si fa riferimento ad etnie diverse, per cui non è vero che il centro di quel luogo è riservato solo per noi, ma ci possono stare anche altri, purché di etnia simile alla nostra; volete un esempio? Un ristorante tedesco con i suoi krauti e kartoffen è bene accetto, ma uno gestito da arabi che presentano il kebab non ci può stare; ed anche il vecchio ristorante cinese con il suo fritto primavera ed i suoi nidi di rondine non è ammesso; ripeto che tutti questi piatti a me non piacciono, ma evidentemente a qualcuno sì.
Forse sbaglio io a dargli troppa rilievo e ad usare parole troppo importanti per questa vicenda, come razzismo, discriminazione, eccetera, perché mi rimane il dubbio che alla base di tutto ci sia – come diceva Sciascia – “la roba”, cioè l’interesse di qualcuno che non vede di buon occhio la concorrenza che tali esercizi possono portare agli imprenditori locali; non ci dimentichiamo che se il resto del mondo avesse adottato una norma simile, le nostre pizzerie non sarebbero uscite dall’Italia!!
Come dicevo quando abbiamo parlato del federalismo – di cui sono contrario – è stato forse un errore dare tutta questa autonomia ai Sindaci, perché non l’hanno saputa usare; o meglio: l’hanno usata solo per fare cassetta!! Chiaro il concetto??

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