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martedì, gennaio 27, 2009

IL PROBLEMA DELLE INTERCETTAZIONI 

A fianco del problema riguardante la riforma della giustizia, abbiamo una situazione – assolutamente anomala – che sta scoppiando in mano ai politici; mi riferisco alle intercettazioni disposte dai magistrati e alla loro diffusione.
Sembra che i due argomenti siano collimanti “fino a un certo punto”, ma nella nostra realtà politico-istituzionale mi appaiono più legati di quanto non sembri in apparenza; comunque, nel contesto generale della riforma della giustizia, le intercettazioni dovrebbero rappresentare solo un piccolo capitolo, mentre – specie con gli intrecci e i veti incrociati che si stanno verificando – assurgono a elemento determinante per la buona riuscita della riforma: riforma della quale tutti i partiti – a parole – strombazzano l’assoluta necessità, salvo poi – nei fatti concreti – tirare ognuno l’acqua al proprio mulino che, nella circostanza e detto in parole povere sta a significare l’ingraziarsi una delle componenti dell’associazionismo della magistratura.
Ma torniamo alle intercettazione e vediamo di analizzare il problema: a mio modo di vedere ci sono due aspetti da valutare, legati insieme da una situazione funzionale ma non sempre divisibili sulla carta: il primo riguarda l’opportunità di fare intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché la loro quantità e relative modalità di esecuzione, mentre il secondo si riferisce esplicitamente alla loro diffusione a mezzo stampa.
Vediamo allora il primo aspetto e cioè la funzionalità investigativa delle intercettazioni: a detta di esperti del settore, tale strumento è assolutamente indispensabile ai fini della soluzione di quasi tutti i casi delittuosi; questi esperti aggiungono che tale condizione è determinata dall’incompetenza funzionale degli organi addetti alle investigazioni, ma questo è un altro discorso che, caso mai, riprenderemo in un secondo tempo.
Diciamo allora che queste intercettazioni sono uno degli strumenti indispensabili alle indagini; ma il loro numero, specie se rapportato ad altri Paesi a noi vicini, è motivo di riflessione: i dati riferiti al 2007 (quelli del 2008 non sono ancora disponibili) ci dicono che in Italia abbiamo avuto quasi 125mila utenze sotto controllo, con una spesa per lo Stato (di 224milioni di euro; questi dati ci forniscono anche una scala degli incrementi che dice come, dal 2003 (77mila utenze) al 2007 abbiamo avuto quasi un raddoppio mentre le spese sono addirittura calate, andando dai 256milioni di allora ai 224 di adesso: forse è l’affidamento a terzi del lavoro?
Se confrontiamo questi numeri (ripeto: dati del 2007) con quelli di altri Paesi abbiamo che a fronte delle nostre 125mila utenze messe sotto controllo, in Francia ne abbiamo 20mila, in Gran Bretagna 5.500 e solo 1.705 negli Stati Uniti.
Per l’esecutività delle intercettazioni stiamo andando verso un completo “appalto” del settore a ditte e privati che conoscono il loro mestiere e che dovrebbero essere sotto il diretto controllo del magistrato; e qui ci sono alcune riserve da fare e precisamente il grado di trasparenza di queste situazioni e il motivo per cui questi signori diventano (leggi Tavaroli prima e Genchi adesso) dei titolari di autentici “forzieri pieni di pietre preziose” da utilizzare in proprio o per conto di terze persone.
In quale modo, è qui arriviamo al secondo aspetto? Semplicemente con il principio dello sputtanamento generale, il sistema che, facendo trapelare alla stampa alcuni brani di conversazioni di Tizio, questi diventano articoli scandalistici; quindi, per risolvere la questione mi sembra semplice: “non consentire a nessuno” di pubblicare questi scampoli di vita altrui fino a sentenza esecutiva. Ma di questo ne riparleremo, domani stesso, visto che la vicenda Genchi sta montando in modo particolare.

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