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mercoledì, gennaio 28, 2009

ANCORA DUE PAROLE SULLE INTERCETTAZIONI 

Dal post di ieri sullo stesso argomento, sono emersi due problemi che meritano un supplemento d’indagine: il primo è l’abnorme numero di utenze poste sotto controllo e l’altro è la diffusione delle intercettazioni, anche quelle che non hanno rilevanza di reato. Per il primo problema non sarebbe male su qualcuno (C.S.M. ? Ministro di Giustizia?) ci fornisse uno straccio di motivazione sul perché le utenze intercettate in Italia cono quasi cento a uno rispetto a quelle U.S.A. (125mila da noi 1.705 da loro), più di 6 a uno sui francesi e 30 a uno sugli inglesi.
Abbiamo già detto che da noi c’è una forte carenza nel settore investigativo, cioè nelle nostre Polizie non c’è personale che sappia fare il mestiere dell’investigatore; tutta l’indagine è basata sull’acquisizione di prove attraverso mezzi tecnici (i RIS per la scena del crimine, l’uso del D.N.A., le telecamere sparse in numero altissimo per il Paese e, appunto, le intercettazioni ambientali).
Mi è stato detto che l’alto numero delle utenze intercettate deriva dai tanti telefoni che molti di noi hanno in proprietà o in uso (utenza fissa, cellulari vari, ecc.); questa scusa non regge, perché se il numero è alto “in assoluto” è altissimo “in relativo”, cioè se rapportato con gli altri Paesi, come ho fatto qui sopra; insomma, questi non sono certo zone del terzo mondo, dove è grassa se l’individuo ha un telefono, ma sono Nazioni sviluppate almeno quanto noi; quindi la scusa non regge, trovatene un’altra!
Forse ha ragione quel signore che mi ha detto che in Italia esiste il servizio investigativo (Polizia, Carabinieri) più scalcinato d’Europa; ma se è così, prima di tutto ammettiamolo e poi cerchiamo di migliorarlo in qualche modo, magari mandando all’estero per degli stage particolari i nostri migliori dirigenti.
Per il secondo problema – la pubblicazione delle intercettazioni – ho già detto il mio pensiero: vietiamole tutte fino a sentenza esecutiva; ma andiamo avanti e facciamo un esempio che a mio modo di vedere è calzante: tempo addietro, il figlio di Tonino Di Pietro, Cristiano, venne intercettato nell’ambito di una inchiesta della Procura napoletana e il testo di queste telefonate apparve sui quotidiani, dipingendo così il rampollo del “giustiziere” come un normale questuante di posti per i propri amici; il padre, affermò immediatamente che “i comportamenti di Cristiano non sono penalmente rilevanti. I magistrati indaghino pure”; primo commento: non poteva dire altro, e neppure comportarsi diversamente; il secondo commento è che nella frase c’è una contraddizione, in quanto l’ex P.M. dice che i fatti non hanno rilevanza penale e al tempo stesso invita i magistrati a indagare; sembra quasi una sfida!
Ma a parte questa contraddizione piuttosto rilevante, c’è da dire che la vera questione è che – allo stesso modo del figlio Cristiano – centinaia di persone, pur non responsabili di fatti “penalmente rilevanti” vengono esposte al “pubblico ludibrio”, anche dallo stesso Tonino. E come dice Veltroni, “decine di migliaia di amministratori (del centro sinistra e del centro destra) si comportano onestamente, ma dobbiamo discernere tra l’uso disinvolto dell’auto blu e l’assegnazione truffaldina di un appalto”. Se mettiamo tutto sullo stesso piano, otteniamo che sono tutti colpevoli o sono tutti innocenti, cosa che non è vera ne in un caso e neppure nell’altro; quindi attenti al giustizialismo fine a se stesso, perché diventa solo una grande “sputtanatura nazionale” al termine della quale non sarà cambiato niente. Insomma, bisogna stare accortii che quella che viene presentata come un’operazione moralizzatrice non sveli la sua vera natura: una cupa parodia della giustizia e quindi una sostanziale ingiustizia, dove a cavarsela sono sempre i soliti: i più forti!! Chiaro il concetto??

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