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sabato, dicembre 20, 2008

LA DEMOCRAZIA 

Prendo spunto dalla vicenda delle scarpe tirate addosso a Bush da un giornalista iracheno (Muntasser Al Zaid) e soprattutto dalle polemiche che si sono accese in merito a questo evento: l’opinione della stampa si è divisa, sostanzialmente, in due fronti opposti, uno che ricordava a tutti come un gesto del genere avrebbe comportato – all’epoca di Saddam – l’immediata fucilazione del malcapitato tiratore di scarpe e, per le successive manifestazioni di solidarietà inscenate da molte persone, la considerazione che queste si sono potute svolgere solo dopo la cacciata del tiranno e dei suoi scherani.
L’altra parte, di contro, rileva che le manifestazioni di odio nei confronti dei liberatori americani, sono un segnale che il “trapianto di democrazia” voluto dagli USA – ma anche da altri paesi occidentali – non è ben visto dalle due etnie religiose irachene, i sanniti e gli sciiti e quindi dovremmo ripensarci.
D’altronde, non ci viene detto, né dal giornalista protestatorio (che anzi si è scusato) e neppure da altri, cosa vogliano in concreto gli iracheni; in attesa che questo avvenga, vorrei fare un breve discorso sulla democrazia, quella cosa che – come diceva Churchill con la sua tipica ironia britannica – “è il migliore dei sistemi possibili”.
Per gli occidentali, la democrazia, specie dopo la sua saldatura con il liberalismo economico, è diventata il Bene Assoluto, un valore così universale che, più che un diritto, è un “dovere” fare adottare anche a popolazioni che hanno storia, tradizioni e vissuti assai diversi dai nostri e quindi la sentono come una camicia di forza.
Fra i detrattori della democrazia, alcuni sostengono che il suo significato “governo del popolo” o comunque della maggioranza, fa sì che diventi il “governo dei mediocri”; il primo a sostenerlo è stato un anonimo ateniese del V secolo avanti Cristo che ha lasciato questa frase: “Dovunque sulla faccia della Terra i migliori sono nemici della democrazia”; successivamente il concetto è stato ripreso ed ampliato da Platone ed Aristotele e – dopo ventitré secoli da Hegel e quindi da Blanc, Summer Maine, Gramsci e tanti altri, fino a giungere ai nostri giorni.
In sostanza, la democrazia – in antitesi col potere carismatico – sceglie a maggioranza, che è lo strumento tecnico cardine di ogni sistema elettorale democratico e tutti, in linea di principio, vi possono partecipare; poi la maggioranza sceglie al proprio interno dei “rappresentanti” e quindi, inevitabilmente, dei mediocri, perché è assolutamente assiomatico che la maggioranza non possa essere una élite.
Alexis de Tocqueville, nel suo saggio “La democrazia in America” scrive “al mio arrivo negli Stati Uniti, fui molto sorpreso fino a qual punto il merito fosse così scarso nei governanti; invano voi cercherete un uomo celebre, quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi il cui nome non vi dice nulla”.
Noi, ovviamente, dopo quasi due secoli dalle parole di Tocqueville, non siamo affatto sorpresi della mediocrità dei governanti – non solo dei nostri – ma tale mediocrità è il prezzo che la democrazia paga ad un valore che le sta molto più a cuore: la libertà.
Insomma, per tirare due somme da quanto detto finora, domandiamoci se è giusto che noi si debba “imporre” questo sistema che a noi va bene ma non è detto che possa essere utile anche ad altri Paesi dalle origini e dalle storie così diverse dalle nostre; ricordiamoci che il bivio tra carisma e libertà che noi abbiamo risolto privilegiando quest’ultima, non a tutti può andare bene anche, ma direi soprattutto, per come lega la democrazia al sistema economico.

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