<$BlogRSDUrl$>

domenica, dicembre 07, 2008

I PIRATI 

Il solo nome mi ricorda di quando, da ragazzo, quindi tantissimi anni fa, leggevo le imprese dei pirati di Mompracen scritti da un Salgari che non aveva mai abbandonato lo studio di casa propria; ecco, noi siamo nelle sue stesse condizioni quando parliamo dei “pirati” del Corno d’Africa o dello Stretto di Malacca oppure sulle coste settentrionali della penisola Sudamericana: ne parliamo senza essere stati sul posto, però abbiamo il vantaggio di poter attingere a diverse fonti di comunicazione che ci illuminano, almeno in parte, sulla materia.
E quindi, per affrontare il problema della moderna pirateria, è necessaria una certa informativa per non dire sciocchezze e non fuorviare i lettori: il problema cui mi voglio riferire è quello dell’abbordaggio di navi, anche grosse, addirittura superpetroliere, da parte di piccoli natanti con una diecina di uomini a bordo – armati fino ai denti – che in breve s’impadroniscono della nave e trattano con l’armatore per il suo riscatto.
Anzitutto chiediamoci chi sono questi feroci pirati: sembra che la maggior parte siano degli ex pescatori che sono stati rovinati dalla pesca industrializzata ed hanno così deciso di “cambiare mestiere” ed andare a procurarsi la loro parte di torta.
Alcune di queste bande sono – o sono diventate – molto organizzate, usano collegamenti radio per trattare il riciclaggio del denaro e dispongono di armamento leggero di primissimo ordine.
Sembra che tutto sia nato a Eyl, un piccolissimo porto con alcune casupole fatte di fango e pietre e senza finestre: questa sembra essere la capitale dei pirati del Corno d’Africa e può essere considerata l’equivalente moderno della celebre Tortuga, la storica base del pirata gallese Henry Morgan e di tutti gli altri bucanieri dell’epoca.
In questo buco sperduto l’autorità del Governo centrale di Mogadiscio non arriva e quindi si sono formate alcune bande criminali che a loro volta hanno diversificato la loro attività: alcune milizie hanno imposto un loro sistema di tasse e di multe ai disperati abitanti del luogo, mentre altri si sono dedicati all’abbordaggio di navi sempre più grosse.
Il ricavato di tali imprese delittuose – raramente si sparge del sangue – sono appannaggio dell’intera banda, dedotto un 10 o 20% che spetta al capo della struttura malavitosa che non risiede nella stessa località dei pirati, ma che si occupa di far avere loro facilitazioni da parte delle autorità ed anche di organizzare la logistica dei rapimenti.
Nella zona attorno a Eyl, si sono formati vari agglomerati di case che sono state costruite – con criteri abbastanza moderni – utilizzando i guadagni delle imprese degli ex pescatori; da qui discende la benevolenza della gente del luogo che si considera, in un certo senso, “l’indotto della pirateria”: i singoli individui, dediti all’attività di abbordaggio, realizzano opere murarie, comprano monili e vestiti per mogli e amanti, aiutano gli anziani in difficoltà a superare il momento; insomma fanno quello che dovrebbe realizzare il Governo, facendo arrivare anche un po’ di quel “welfare” di cui il Paese avrebbe tanto bisogno e che invece è colpevolmente assente.
Insomma, la figura del “pirata” si sovrappone a quella di Robin Hood, cosicché si ha un personaggio nuovo che non si limita a togliere ai singoli “ricchi” per dare ai poveri, ma si rivolge addirittura ai governi ed alle società di armatori del mondo intero che vengono continuamente taglieggiati da questi individui; magari stiamo attenti a non idealizzarli troppo e lasciamoli fare i propri interessi; finché gli dura!!

This page is powered by Blogger. Isn't yours?