giovedì, dicembre 18, 2008
E LA DISOCCUPAZIONE ??
In questa sarabanda di inviti al consumo, ci siamo dimenticati di esaminare la situazione della forza lavoro che mostra dei numeri preoccupanti nell’intera Europa; dico questo perché finora questa forza lavoro è stata considerata anche – forse soprattutto – un elemento atto a consumare quello che gli proviene dal proprio lavoro; insomma una sorta di tubo digerente che da una parte riceve e dall’altra espelle: ovviamente, il tubo, al termine dell’operazione, resta vuoto.
Ma vediamo le cifre che evidenziano il problema: la media europea è del 7,1% e da questo dato ne discendono alcuni superiori ed altri inferiori: tra i primi abbiamo la Spagna con il 12,8 e la Francia con l’8,2, mentre tra i secondi ci siamo noi con il 6.8%, l’Inghilterra con il 5,7% e l’Olanda con appena il 2,5%.
Dall’esame di queste realtà abbiamo lo spaccato dell’Europa e, a fronte di Paesi messi maluccio come le Spagna e la Francia, abbiamo delle situazioni in netta controtendenza come l’Olanda.
Vediamo ora come alcuni Paesi pensano di affrontare la situazione: a casa nostra abbiamo già una proposta del Segretario della UIL, Raffele Bonanni, fatta propria anche dalla maggioranza che sta preparando un Decreto, in cui si propone una settimana “cortissima”: 4 giorni lavorativi soltanto a retribuzione invariata: la differenza sarebbe in parte a carico delle Aziende e in parte se la potrebbe accollare lo Stato.
In Germania, il cui dato è in linea con la media europea (7,1%), la Merkel ha promesso aiuti alle imprese per 200 miliardi entro il 2012; nel contempo ha chiesto alla grande industria di rinunciare a licenziamenti massicci e, in cambio, i dipendenti si dovrebbero dimostrare disponibili a ogni misura che possa ridurre i costi di produzione, quindi congelamento di tutti gli aumenti salariali provenienti dagli automatismi contrattuali e rinvio di tutti i contratti in scadenza; inoltre si prevede un ritorno al vecchio sistema Volkswagen che contempla una settimana di 28 ore concentrate su 4 giorni lavorativi e possibilità di lavoro straordinario, anche notturno, non retribuito.
In Francia, il fantasioso Sarkozy puntava su un concetto che ha alla base la novità della domenica lavorativa: infatti l’idea era quella di offrire respiro all’asfittico mercato del lavoro creando nuove opportunità e cioè permesso di aperture domenicali per negozi e grandi magazzini situati in località con più di un milione di cittadini ed estensione del permesso di lavorare la domenica anche alle realtà commerciali situate in zone turistiche e di frontiera.
Il primo rifiuto a questa iniziativa è venuta – manco a dirlo – dalla Chiesa che ha affermato come “non sia bene lavorare la domenica, in quanto tale pratica potrebbe nuocere all’equilibrio della società”.
In sede di votazione il provvedimento ha visto una strana saldatura tra elementi cattolici e socialisti: i primi hanno opposto il rifiuto di cui sopra è cenno, mentre i secondo hanno presentato 4.200 emendamenti contrari che, uniti alla fronda dei deputati cattolici all’interno dell’UMP, ha costretto il Ministro del Commercio ad un faticoso compromesso per cui i negozi saranno aperti una sola domenica ogni quattro.
Mentre resta da notare che gli economisti stanno già spostando in avanti il termine della fine di questa recessione (stiamo parlando della seconda metà del 2010), il dramma che incombe sull’intera Europa riguarda centinaia di migliaia di persone, di famiglie, sulle quali si abbatterà la perdita del lavoro: non è uno scherzo; le forze politiche sono chiamate a risolvere il problema prima che diventi una polveriera.
Ma vediamo le cifre che evidenziano il problema: la media europea è del 7,1% e da questo dato ne discendono alcuni superiori ed altri inferiori: tra i primi abbiamo la Spagna con il 12,8 e la Francia con l’8,2, mentre tra i secondi ci siamo noi con il 6.8%, l’Inghilterra con il 5,7% e l’Olanda con appena il 2,5%.
Dall’esame di queste realtà abbiamo lo spaccato dell’Europa e, a fronte di Paesi messi maluccio come le Spagna e la Francia, abbiamo delle situazioni in netta controtendenza come l’Olanda.
Vediamo ora come alcuni Paesi pensano di affrontare la situazione: a casa nostra abbiamo già una proposta del Segretario della UIL, Raffele Bonanni, fatta propria anche dalla maggioranza che sta preparando un Decreto, in cui si propone una settimana “cortissima”: 4 giorni lavorativi soltanto a retribuzione invariata: la differenza sarebbe in parte a carico delle Aziende e in parte se la potrebbe accollare lo Stato.
In Germania, il cui dato è in linea con la media europea (7,1%), la Merkel ha promesso aiuti alle imprese per 200 miliardi entro il 2012; nel contempo ha chiesto alla grande industria di rinunciare a licenziamenti massicci e, in cambio, i dipendenti si dovrebbero dimostrare disponibili a ogni misura che possa ridurre i costi di produzione, quindi congelamento di tutti gli aumenti salariali provenienti dagli automatismi contrattuali e rinvio di tutti i contratti in scadenza; inoltre si prevede un ritorno al vecchio sistema Volkswagen che contempla una settimana di 28 ore concentrate su 4 giorni lavorativi e possibilità di lavoro straordinario, anche notturno, non retribuito.
In Francia, il fantasioso Sarkozy puntava su un concetto che ha alla base la novità della domenica lavorativa: infatti l’idea era quella di offrire respiro all’asfittico mercato del lavoro creando nuove opportunità e cioè permesso di aperture domenicali per negozi e grandi magazzini situati in località con più di un milione di cittadini ed estensione del permesso di lavorare la domenica anche alle realtà commerciali situate in zone turistiche e di frontiera.
Il primo rifiuto a questa iniziativa è venuta – manco a dirlo – dalla Chiesa che ha affermato come “non sia bene lavorare la domenica, in quanto tale pratica potrebbe nuocere all’equilibrio della società”.
In sede di votazione il provvedimento ha visto una strana saldatura tra elementi cattolici e socialisti: i primi hanno opposto il rifiuto di cui sopra è cenno, mentre i secondo hanno presentato 4.200 emendamenti contrari che, uniti alla fronda dei deputati cattolici all’interno dell’UMP, ha costretto il Ministro del Commercio ad un faticoso compromesso per cui i negozi saranno aperti una sola domenica ogni quattro.
Mentre resta da notare che gli economisti stanno già spostando in avanti il termine della fine di questa recessione (stiamo parlando della seconda metà del 2010), il dramma che incombe sull’intera Europa riguarda centinaia di migliaia di persone, di famiglie, sulle quali si abbatterà la perdita del lavoro: non è uno scherzo; le forze politiche sono chiamate a risolvere il problema prima che diventi una polveriera.