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giovedì, novembre 06, 2008

QUALCHE COMMENTO SULLA VITTORIA DI OBAMA 

Il mondo intero si è reso conto della storicità della vittoria di Barak Obama ed infatti i commenti sono orientati – in prima battuta – alla sottolineatura di questa sfaccettatura dell’evento e, subito dopo, a grandi speranze che tutti ripongono nel giovane americano di colore.
I Capi di Stato e di Governo dell’intero pianeta hanno gioito – almeno a parole – a questa vittoria ed hanno assicurato tutta la collaborazione possibile al neo Presidente; unica eccezione è stata quella del premier russo Medvedev che “intima” a Obama di cambiare registro rispetto a Bush in quelle che sono le relazioni con l’impero russo se vuole che i rapporti si normalizzino e coglie l’occasione per rinfacciare all’America la responsabilità della “guerra” in Georgia e della recente crisi finanziaria; direi che il Presidente russo ha perso l’occasione di stare zitto, ma forse per la sua “propaganda interna” questo discorso ha la sua valenza.
Tutti gli altri sono su altri toni, con la battuta di Berlusconi che afferma di essere pronto a dare preziosi consigli al “giovane” Obama, dall’alto dell’esperienza dei sui 72 anni: come battuta non c’è male, se poi fosse la verità allora ci sarebbe veramente da ridere.
Ma quello che mi ha colpito in modo particolare è stato il discorso di McCain: il vecchio repubblicano, dopo i complimento di rito a colui che lo ha così sonoramente sconfitto, ha fatto una affermazione che non avevo mai sentito: “invito tutti gli americani che mi hanno sostenuto ad unirsi a me non solo nel congratularsi con Obama ma nell’offrire al prossimo Presidente la nostra buona volontà ed il più grande sforzo per unirci”.
Sono belle parole che solo un vecchio leone come il senatore dell’Arizona poteva pronunciare e che non ho mai udito da nessun’altro, ne in America e tanto meno in Europa, dove – quando non si recrimina per presunte irregolarità – si promette battaglia con ogni mezzo nelle aule istituzionali per sconfiggere il programma dell’avversario e per farlo durare meno della legislatura.
L’idea tematica – per usare un termine cinematografico – di questa fine della campagna presidenziale è che “siamo tutti americani, quali che siano le nostre differenze”: ebbene, questi concetti, così sopra le normali righe politiche, si sono sentito solamente nei periodi di grande crisi o, peggio ancora, di guerra; a ben riflettere, questa unità d’intenti dello sconfitto con il vincitore sta forse a significare che la situazione del Pianeta non è splendida, anzi, forse siamo proprio sull’orlo del burrone e dobbiamo tutti mettere in campo la nostra forza per non precipitare.
In controtendenza alla generale euforia, abbiamo il mondo della finanza – rappresentato dalle Borse Valori - che sembra avere dei timori: ieri, all’annuncio della vittoria di Obama, tutte le Borse hanno avuto delle perdite non rilevantissime, ma significative; uniche eccezioni, quelle asiatiche (Hong Kong e Tokyo) che hanno avuto dei guadagni di un certo interesse (tra il 3 e il 4%); oggi la musica sembra la stessa (almeno fino al momento in cui scrivo queste note) e questo la dice lunga sull’orientamento della finanza nei confronti del nuovo inquilino della Casa Bianca; staremo a vede a gioco lungo quali saranno gli orientamenti.
In Italia come al solito siamo nel più vieto provincialismo e quasi tutti si iscrivono al partito degli “obamiani”, in testa a tutti il leader del PD, il quale crede che basti l’appartenenza di entrambi ad un partito che ha lo stesso nome per essere uguali: povero Walter, ne devi mangiare di panini per fare le stesse cose che ha fatto Obama.
E l’euforia di Berlusconi? Che squallore!!

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