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domenica, ottobre 19, 2008

NOI E GLI U.S.A. 

Nella recente crisi finanziaria che ha sconvolto il mondo intero (un po’ meno degli altri Cina e India), tutto sembra essere partito dagli Stati Uniti dove alcune banche d’affari si sono inventate una serie di titoli che oggi definiamo “spazzatura” o “tossici”; questa forma di epidemia si è diffusa per l’intero pianeta ed ha interessato tutte le economie: ovviamente i più deboli di costituzione – leggi Islanda – ne hanno risentito in forma più virulenta rispetto agli altri, ma non si dubiti che tutto il sistema economico finanziario internazionale avrà delle violente ripercussioni e in questo situazione, che potremmo definire patologica, ci sarà chi se ne avvantaggia e chi ne perde.

Ed infatti, la domanda di fondo, dopo che le prime cure hanno reso stazionario il malanno, è quella di chi dovrà sopportare i maggiori sacrifici di questo terremoto finanziario che, non dimentichiamocelo, ha l’epicentro in America.

I primi che stanno subendo gravi conseguenze sono, ovviamente, i contribuenti e la gente comune negli U.S.A.: nel solo mese di settembre quasi 160mila persone hanno perso il loro posto di lavoro, le vendite di auto sono in caduta libera ed hanno avuto una diminuzione del 30% e infine – colmo dei colmi – le banche sono arrivate a non fare più credito neppure ai singoli Stati: quello più ricco, la California, ha dovuto chiedere a Washington 7miliardi di dollari per pagare gli stipendi ai propri dipendenti.

Ma l’uomo comune degli Stati Uniti è ormai abituato ad essere utilizzato come “carne da cannone”; si pensi che la crescita del PIL negli ultimi dieci anni (circa il 4% annuo) è andata a beneficio soltanto dell’1% della popolazione, il resto se lo sono incamerato coloro che forse ne avevano meno bisogno.

Ma noi che cosa c’entriamo in questo turbinio di miliardi che ci ha stordito? Anzitutto il sistema bancario nostrale copre i depositi fino a 103mila euro e questo tranquillizza – in un certo senso – la cosiddetta classe media; per quella sottostante, si ha una diminuzione dei posti di lavoro e discreti aumenti di prezzo nei generi di prima necessità; tutto qui? Solo questo?

Ma allora perché preoccuparci tanto del problema? Semplicemente perché lo stare attaccato ad un qualsiasi mass-media, ci pone al centro, virtualmente, della bufera finanziaria e ci sembra quasi di essere uno degli sfortunati protagonisti che ha perso in pochi giorni tutti il capitale, magari rubacchiato in svariati anni di attività: questo si chiama “eseguire il transfert” e consiste nell’immedesimarsi quasi completamente in ciò che gli strumenti massmediatici ci propongono, nel caso specifico gli operatori finanziari sull’orlo della bancarotta.

Se poi questo tsunami ci darà l’occasione per riprogrammare l’ esistenza del nostro Paese e per tagliare tutte quelle incrostazioni che frenano il nostro sviluppo, tipo gli sprechi, le tangenti, le speculazioni selvagge, la burocrazia sempre più invadente, vorrà dire che ne uscirà un vantaggio per tutti; sapete cosa mi preoccupa? Che questa situazione, paragonabile forse ad un “dopoguerra”, avvantaggi i furbi e coloro che sanno dove mettere le mani, mentre per gli altri contribuisca ad un maggiore impoverimento: questa classe politica non ci aiuta, in quanto, dopo avere assicurato che tutto va bene e nessuno ci rimetterà un bottone, sembra utilizzare questo per scansare i problemi che da sempre ci assillano e che adesso sono diventati ancora più gravi. E questo mi induce a ritornare al vecchio slogan: “meditate, gente, meditate”, ma aggiungo che forse non è più sufficiente “meditare”, ma bisogna fare qualcosa di più; cosa? Ancora non lo so, ma appena lo scopro sarete i primi a cui lo rivelerò!!


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