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sabato, ottobre 25, 2008

LA RIVOLTA NELLA SCUOLA 

Non intendo parlare del Decreto Gelmini sulla scuola, in quanto non lo conosco e quindi sarebbe inutile; quello che invece conosco – e bene!! – è la scuola italiana e vi posso garantire che siamo allo sbando; se poi la normativa Gelmini si limita a tagliare i fondi senza raddrizzare le storture della scuola, allora è un altro discorso e sono pronto a scendere in Piazza anch’io, ma se così non è, allora…...

Dicevo che siamo allo sbando, ma non è una mia idea, bensì è la risultanza di una ricerca voluta dal Times nel 2007 che fornisce alcuni dati addirittura impensabili: sapete nell’elenco degli atenei di tutto il mondo in quale posizione è piazzato il primo degli italiani? Il 173esimo (l’Università di Bologna) e quindi si può ragionevolmente presumere che davanti a noi ci siano - oltre a tutte le Università del mondo occidentale - anche moltissimi atenei del terzo mondo e qualcuno dei paesi sottosviluppati.

Da cosa dipenda questo “ranking” è abbastanza facile scoprirlo se si ha una qualche dimestichezza con l’ambiente: dunque la prima motivazione è l’età da Matusalemme di buona parte dei docenti – attaccati alla cattedra peggio dei politici allo scranno – i quali hanno avuto uno sviluppo negli ultimi anni a dir poco esponenziale: pensate che nel ’62 tra professori di ruolo (2067), incaricati temporanei (3208) e assistenti (8497) si raggiungeva la cifra di 13.772 insegnanti; sapete quanti sono adesso, cioè dopo 48 anni? Oltre 60.000, cinque volte tanto. Ma non basta, perché paradossalmente, anziché avere gente più giovane, il corpo docente si è via via incanutito.

Pensate che i professori ordinari con meno di 35 anni sono 11 (undici!!) su 19.864 – lo 0,05% - contro il 16% in Gran Bretagna, il 7% in America, l’11% in Francia; in quest’ultima nazione si rileva un dato altrettanto interessante: i docenti con più di 65 anni (i vecchi!!) sono appena l’1%, contro il nostro 25%.

Sapete quanto è l’obbligo di cattedra per un nostro docente? 180 ore l’anno; sapete a quanti anni vanno in pensione questi signori? A 72 anni; sapete cosa fanno dopo questa età? si mettono a fare dei corsi universitari a 15.000 euro l’uno (un paio all’anno) e così passano il tempo e raggranellano qualche soldo per il futuro.

Ovviamente saprete che i professori universitari sono – insieme ai magistrati – gli unici dipendenti che non hanno l’obbligo di firma per l’entrata o per l’uscita e questo mi pare ovvio in quanto il loro impegno si esaurisce nelle 180 ore annuali, da organizzare a piacimento.

Un’altra stortura del mondo accademico è rappresentata dalla pletora di Università che sono nate in Italia come funghi: sapevate che ad Enna è nata l’Università Kore, fortemente voluta da un personaggio politico del luogo e che ha come Rettore l’ex ministro Salvo Andò: struttura dell’insegnamento composta da tre soli docenti e altri diciamo così “a tempo”; e perché c’è forse qualcuno che ha sentito nominare l’Università della Tuscia con sede a Viterbo oppure la varesina Università Insubria ? Potrei continuare ma credo che si sia compreso il problema.

Quindi dico che l’insegnamento in Italia è in una situazione deficitaria (un po’ meglio la scuola primaria) sia sotto l’aspetto educativo che economico, per cui ogni intervento che lo modifichi in qualche modo può fargli solo bene; come dire: “peggio di così….”.

Vorrei aggiungere che per alcuni dati e qualche notizia che ho sopra citato, mi sono avvalso di un libro che è nelle edicole e si chiama “La deriva”, scritto da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo; forse sarebbe opportuno che insegnanti ed alunni lo leggessero per farsi un’idea più chiara della situazione nella quale si trovano a manifestare.


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