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sabato, ottobre 18, 2008

IL GETTONE 

Mi pare di averlo detto altre volte, ma mi piace ribadirlo: odio il frasario in auge in Italia, quel modo di esprimersi che è un misto tra il sindacalese ed il politichese, quel dire per non farsi intendere ai più e quindi parlare solo per chi conosce il codice semantico; insomma sono – e mi piace ribadirlo – uno di un’altra epoca, di quanto il gettone serviva per telefonare e non veniva dato come premio nei quiz televisivi.

A proposito del gettone e per mettere ancora più a fuoco le distanze che mi separano dall’attuale “finta” modernità, voglio ricordare a quelli della mia età che ai nostri figli, quando andavano in gita, davamo oltre a qualche soldarello, una manciata di gettoni (e non il cellulare) in modo che non trovassero scuse per non aver telefonato ai genitori.

Ma tutto questo cosa c’entra, mi direte voi? Già, cosa c’entra, c’entra in quanto nella giornata di ieri si è avuto uno sciopero nazionale di alcuni comparti (trasporti, sanità, scuola) indetto dai sindacati di base; continuate a non capire il nesso? Questo è il nesso: alcuni mesi addietro, ho avuto modo di esprimere il mio parere sulle modalità dello sciopero e ho detto che – specie per quelli indetti verso l’utenza “terza” – le sigle sindacali avrebbero dovuto chiarire i termini della questione, insomma dire con la massima precisione i punti sui quali si era stati “costretti” a scioperare: tutto questo per la gente come me che è rimasta ai gettoni telefonici.

E invece, dopo aver letto 4 quotidiani e almeno 7 on-line, non ho capito le motivazioni della manifestazione, soprattutto perché nessun organo d’informazione le ha pubblicate con chiarezza (evidentemente perché nessun sindacato le ha fornite); la maggioranza non ha indicato niente, alcuni hanno fatto un discorso “sindacal-politichese”, insomma non ho avuto il bene di capirci qualcosa; l’unico che ha fatto un discorso di senso compiuto, sia pure intriso della massima genericità, ha scritto che lo sciopero era stato indetto “a sostegno di una piattaforma rivendicativa che va dalla difesa del salario, delle pensioni e dei servizi pubblici, all’abolizione delle famigerate Leggi Treu e 30, dalla lotta alla precarietà e al razzismo, alla sicurezza sui luoghi di lavoro, fino alla protesta contro la riforma Gelmini”; è appena il caso di aggiungere che quest’ultima normativa andrà in vigore tra circa un anno – settembre 2009 – e quindi ci sarà tutto il tempo per mettere in atto manifestazioni meno “definitive” dello sciopero.

Già, perché un’altra cosa che differenzia il popolo dei gettoni telefonici – come me - da quello dei gettoni TV è l’atteggiamento verso le manifestazioni sindacali: a me è stato insegnato da un sindacalista del calibro di Di Vittorio, che lo sciopero deve essere considerato come l’ultima carta da giocare in qualunque lotta sindacale e che se viene sprecato, il danno ricade sul lavoratore.

A commento della manifestazione, il giornalista e scrittore Angelo Panebianco – uomo chiaramente non di destra – ha accusato la sinistra di “avere occupato la scuola, occupato le Università con professori baroni, umiliato la cultura e averla amministrata in modo unilaterale con l’aiuto di sindacati compiacenti. Risulta ora paradossale e strumentale gridare contro la riforma Gelmini, visto che le maggiori responsabilità sono proprio della sinistra, “colpevole”, fra l’altro, di avere inventato il precariato”.

Non vorrei aggiungere altro, se non che tali manifestazioni portano acqua al molino dell’attuale maggioranza: l’attuale consenso di Berlusconi veleggia ad uno stratosferico 62%; cerchiamo di non farlo aumentare e per fare questo ascoltiamo la gente comune, la gente della strada, con le sue paure e le sue speranze: solo questo porta voti e sposta il popolo da una parte all’altra; tutto il resto – come dice Califano – è noia!


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