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domenica, settembre 21, 2008

LEGALITA' 

In contemporanea – o quasi – con la strage di Castelvolturno, dove un bianco e sei extra comunitari hanno perso la vita, a Milano si è tenuta una manifestazione di protesta per i fatti accaduti alcuni giorni fa, durante i quali Abdul, un giovane di colore, ha perduto la vita per un colpo di spranga (o erano più d’uno??) inferto dal titolare di un Bar e da suo figlio, dopo che il giovane aveva rubato un pacchetto di biscotti e (forse! Ancora non è chiaro!) l’incasso della giornata.

Il corteo di protesta, capitanato dai centri sociali milanesi e dalla sinistra antagonista, contava circa dieci mila partecipanti che si sono diretti verso il centro, combinando alcuni danni a vetrine, auto in sosta e motorini gettati a terra.

Il nocciolo della questione – almeno come l’ho capita io – riguarda il momento e il modo con cui i due negozianti si sono scagliati contro Abdul: alcune versioni dicono che i due lo hanno inseguito (e quindi il giovane se ne stava andando ed è quindi difficile invocare la legittima difesa) e, quando lo hanno raggiunto hanno inveito contro lo “sporco negro” con frasi della serie “ora te lo faccio vedere io) e lo hanno colpito con l’asta metallica che viene utilizzata per tirare giù il bandone del negozio; altre voci dicono invece che contro il giovane sarebbe stato tirato un solo colpo, sempre con la sbarra di ferro, che lo avrebbe colpito alla nuca, facendolo stramazzare a terra.

I due bottegai sono stati arrestati e sono ancora in stato di fermo, sotto l’accusa di omicidio volontario; non mi sento di avallare la teoria per la quale siamo in un rigurgito di razzismo; chiediamoci quanti furti ha subito il negoziante e quante volte ha dovuto subire questa situazione: evidentemente questa volta è sbottato (o meglio sono sbottati), ma penso che non avessero nessuna intenzione di uccidere, al massimo volevano dare “una lezione” al malcapitato Abdul.

No0n è mia intenzione difendere coloro che hanno provocato la morte di un ragazzo, ma non mi sento neppure di generalizzare quanto accaduto sull’intera popolazione milanese: certo che queste cose avvengono anche perché sono troppi gli eventi causati da extra comunitari, anche se non mancano quelli fatti dai “bianchi”.

Jean-Leinard Touadi, originario del Congo, eletto al Parlamento italiano nelle file del PD, è stato preso di mira da giornali e televisioni per sentire la sua opinione in merito alla vicenda di Milano, che qualcuno allaccia a quella di Castelvolturno, impropriamente a mio modo di vedere; l’onorevole tira in ballo, come tutti, la deriva razzista che, a suo giudizio, sta avanzando in Italia; da buon politico – anche se neofita – dice che “la legalità viene prima di tutto”; ma quando si entra nel merito della vicenda, i toni diventano generalistici e si comincia a parlare per dare fiato alla bocca, come fanno i suoi colleghi di Montecitorio.

Dice comunque due cose interessanti: la prima è quella sulla valenza assoluta della legalità, alla quale potrei agganciare l’origine della vicenda milanese: se Abdul non avesse “rubato” cioè uscito dalla legalità, probabilmente il fattaccio non sarebbe accaduto; ma mi si dice: per poca ruba rubata? Che la roba fosse poca si è appurato “dopo”, quando cioè non c’era più niente da fare.

La seconda cosa interessante verte sul tema “sicurezza”; dice Touadi: “non penso che un Paese con 3-4 regioni in mano alla malavita, possa considerare prioritario il fenomeno di una frangia minoritaria di immigrati che delinquono”;e qui, egregio onorevole, non ci siamo, perché l’opinione pubblica, “la gente”, ha delle paure viscerali, che poi traduce in voti, rivolte verso coloro che incontra per la via; i padrini nessuno li vede e quindi nessuno ne ha paura allo stesso modo!

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