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domenica, agosto 24, 2008

IL SOLITO ARRIVEDERCI FESTIVALIERO 

Sono ormai diversi anni che, verso la fine di agosto, mi sposto a Venezia per seguire – e scrivere un paio di articoli al giorno – la Mostra del Cinema che, contrariamente a quanto accaduto negli ultimi anni, presenta una nutrita schiera di film italiani: pensate che sono ben quattro sui ventuno film in concorso, quindi possiamo dire che circa un quinto delle opere rappresentate proviene dal nostro Paese.

Per fare questo, la scelta dei film in concorso ha subito delle notevoli variazioni rispetto a come eravamo abituati: anzitutto la Cina, che con due soli film presenti a Venezia, non ne ha neppure uno “in concorso”; poi abbiamo la Corea del Sud, in passato grande frequentatrice del Lido, che quest’anno è completamente assente; ed anche la Spagna, così come il Portogallo, non hanno nessun film in concorso.

Insieme a noi, la Mostra di quest’anno annovera una bella rappresentanza degli U(SA (5 film), mentre le nazioni europee presentano tre film francesi, un tedesco e un turco.

Ma torniamo ai nostri film e vediamoli singolarmente: in rigoroso ordine alfabetico cominciamo da Pupi Avati che porta al Lido “Il papà di Giovanna”, con Silvio Orlando e Francesca Neri, un film che ripresenta – dopo il successo del precedente film del regista bolognese “La cena per farli conoscere – il delicato rapporto che si instaura fra padre e figlia; quest’ultima, ancora adolescente, ha ucciso per gelosia una compagna di banco a scuola e viene ritenuta “non sana di mente” e rinchiusa in un Ospedale psichiatrico, dove rimane fino all’età di 24 anni. Durante questo periodo il padre è l’unica persona che si occupa di lei, arrivando addirittura a trasferirsi nella città dove ha sede il manicomio pur di starle vicino; l’uomo evidentemente sente una sorta di colpa nell’atteggiamento che la ragazza ha tenuto fino ad allora, atteggiamento che potrebbe essere dipeso dall’insegnamento da parte del padre di una sorta di onnipotenza: “tu dovrai sempre pretendere tutto da tutti”. Sarà stato questo modo di costruire la psicologia della bambina a portarla a compiere il gesto omicida?

Il secondo film in concorso è opera di Marco Bechis ed ha il titolo di “Birdwatchers – La terra degli uomini rossi” e si svolge in Brasile; la narrazione ci mostra il conflitto tra i ricchi “fazendeiros” che coltivano anche prodotti transgenici e gli indio che vivono ai margini delle proprietà dei ricchi senza nessun’altra prospettiva se non quella di andare a lavorare in condizioni di semi schiavitù, nelle piantagioni di canna da zucchero.

Il terzo film è di Pappi Corsicato e s’intitola “Il seme della discordia”: narra la storia di una coppia di coniugi che è troppo impegnata nel lavoro per pensare al loro rapporto; lei aiuta la madre in un negozio di abbigliamento, ma il desiderio di migliorare ed una sorta di esuberanza fisica, la induce ad aprirne uno nuovo e più grande; lui invece è un rappresentante di fertilizzanti ed è troppo occupato nel lavoro per accorgersi della distanza che si sta frapponendo tra i due coniugi. L’atteggiamento dei due coniugi – più o meno consapevolmente – condurrà la coppia verso “il seme della discordia”.

Il quarto ed ultimo film è diretto da Ferzan Ozpetek, un autore turco di origine ma italiano di adozione, avendo realizzato quasi tutti i suoi ultimi film nel nostro Paese: s’intitola “Un giorno perfetto” ed è interpretato da Valerio Mastandrea e Isabella Ferrari; vi si narra la storia di una coppia di coniugi, separati da circa un anno; lui vive da solo nella casa dove avevano abitato insieme, mentre la moglie è tornata dalla madre, insieme ai due figli: una notte la Polizia viene chiamata nella casa dove abita la donna in quanto gli inquilini hanno sentito dei rumori di spari provenire dall’appartamento; il film narra le ventiquattro ore che hanno preceduto tale evento, con un ritmo estremamente serrato, tratteggiando – con ironia, commozione e pietà – una feroce storia d’amore che separa e unisce i due coniugi.

Queste sono le nostre armi: speriamo che siano sufficienti per sconfiggere gli stranieri e ci conducano alla conquista del sospirato “Leone d’Oro” che manca al nostro cinema da svariati anni.

Io parto domani mattina, lunedì, per essere in pista da martedì che è il giorno in cui inizia il lavoro per la stampa, mentre il Festival, ufficialmente, apre i battenti mercoledì 27, con il film dei fratelli Cohen.

Fatemi gli auguri e arrivederci – o meglio a rileggerci – dal 7 settembre, giorno in cui rientrerò in sede.


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