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domenica, agosto 17, 2008

CI DISTINGUIAMO ANCHE ALLE OLIMPIADI 

Non sto parlando delle prestazioni sportive – che sono degne di nota – ma degli atteggiamenti che scaturiscono dalle vittorie e dai conseguenti premi concessi agli atleti dal CONI. Ha cominciato, se non sbaglio, la Vezzali, la fiorettista vincitrice della medaglia d’oro, che in occasione di una delle tante interviste, ha dichiarato – cito a memoria – quanto segue: “noi atleti olimpici non siamo come i calciatori che hanno contratti miliardari e quindi ci sembra ingiusto che i nostri premi siano soggetti alla normale tassazione (circa il 40%) e chiediamo che siano concessi esentasse”.

A quel punto è scoppiata la polemica e i numerosi giornalisti presenti a Pechino si sono divisi in favorevoli e contrari, entrambi – a mio avviso – senza cogliere il nocciolo della questione. Ed allora proviamoci noi: anzitutto dobbiamo dire che i premi per il conseguimento delle medaglie sono dati da tutti i paesi partecipanti; l’Italia concede queste cifre (in euro): 140.000 per l’oro, 75.000 per l’argento e 50.000 per il bronzo.

Prima considerazione: anche tassandoli, non mi sembrano proprio cifre da buttare, anche se, naturalmente, sono ben lontane da quelle percepite dai calciatori (dei quali parleremo dopo); seconda considerazione: tra i paesi partecipanti, i nostri premi sono di gran lunga i più alti; ecco alcuni esempi, sempre parlando di cifre lorde in euro: la Russia concede 100.000/60.000/40.000, la Spagna 94.000/48.000, 30.000, la Francia 50.000/ 20.000/13.000, la Cina – che è il Paese organizzatore – 19.550/11.730/7.820; chiudiamo questa sequela di numeri con i premi assegnati agli atleti U.S.A. che vanno sul podio: 16.668 per l’oro, 10.067 per l’argento e 6.711 per il bronzo.

Alla luce di queste cifre vediamo come i nostri atleti farebbero bene a starsene zitti; paesi ben più forti – economicamente s’intende – danno delle cifre notevolmente più basse delle nostre, eppure alcuni di loro sono paesi nei quali è in vigore il più sfrenato professionismo e dove gli atleti “beniamini del pubblico” guadagnano cifre altissime, sulle quali, peraltro, pagano regolarmente le tasse.

Insomma, comunque si rigiri la faccenda, questo “non voler pagare le tasse” è una cosa che danneggia – almeno a mio modesto modo di vedere – fortemente l’immagine dei nostri atleti che si battono per la vittoria e, quando ci riescono, cantano l’inno di Mameli, tutti impettiti sul podio.

Il Presidente del CONI, comunque, sta cercando di aggirare l’ostacolo, mettendo in campo un’operazione tipicamente italiana: poiché il CONI è sinonimo di Stato, questo cosa ti combina? Anziché dare premi esentasse, aumenta i premi e quindi gli stessi, dopo la normale tassazione, sono al livello di quello che sarebbero stati se fossero al netto della tassazione. Se vi sembra una cosa moralmente accettabile!!

Perché poi c’è da aggiungere che questi signori fanno riferimento – con aria spocchiosa – ai calciatori multi milionari, mi resta da aggiungere che il loro compenso se lo guadagnano richiamando allo stadio tutta quella massa di spettatori; insomma essi non sono propriamente atleti, ma gente di spettacolo e incassano in base a quanto rende lo spettacolo che inscenano negli stadi; a questo proposito vorrei chiedere alla signora Vezzali, oro nel fioretto oppure alla signora Cainero, oro nello skeet, oltre ai parenti stretti, quanti sono gli spettatori paganti presenti alle loro esibizioni.

Da notare che a Pechino, c’è la squadra di basket americana, formata da atleti professionisti che in patria incassano compensi milionari e che vengono a gareggiare per 16.668 euro, lordi, in caso di vittoria: questo mi sembra un bell’esempio!


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