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martedì, giugno 24, 2008

INFLAZIONE PROGRAMMATA 

Lo scontro era nell’aria; dopo quello con i magistrati ci si aspettava quello con i sindacati e, regolarmente, esso è avvenuto in occasione della presentazione del DPEF – Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, nel quale un dato ha particolarmente colpito: l’inflazione programmata è fissata all’1,7%, ma nello stesso documento si prevede una inflazione reale del 3,4%.

Si dirà: ma non è possibile, sarà un errore materiale, oppure un refuso, un errore di stampa; e invece no signori, i due dati sono quelli! Ed hanno anche un loro specifico significato: sul primo (inflazione programmata, 1,7%) si rinnovano i contratti nazionali di categoria, mentre sul secondo si fanno solo delle amene discussioni di carattere macro-economico e alla fine si guarda chi ci ha indovinato.

È chiaro che i sindacati – che finora avevano abbastanza abbozzato – sono scattati all’attacco del governo (CGIL in testa) e non possiamo dar loro torto; in sostanza vedono un accordo sottobanco con la Confindustria per rinnovare i contratti a cifre ben sotto il livello d’inflazione; il Ministro del Lavoro, tale Maurizio Sacconi, che non mi sembra un gran ché, ha detto che il dato dell’inflazione programmata è quanto il governo si prefigge di raggiungere alla fine del 2009 ed è, ha soggiunto, un valore consigliato a tutti i paesi dell’U.E. dalla stessa Banca Centrale Europea, la quale ha grossi timori sulla spinta inflazionistica dei salari e stipendi aumentati.

Ricorderete che con questa “teoria” mi sono più volte confrontato e l’ho ampiamente contestata; di fatto, nella nostra situazione, “rubare” alla gente circa la metà dell’inflazione prevista è qualcosa che comporterà una minore entrata nelle tasche degli italiani di 1.500 euro in tre anni: non ce lo possiamo permettere!!

Il sopra citato ministro ha affermato che “tutti i contratti già da molti anni prescindono sostanzialmente dal tasso di programmazione programmata” ed ha aggiunto un suo “pallino fisso” che è quello di legare i salari con la produttività (“questa è la vera sfida: i salari cresceranno se si potranno ancorare agli incrementi di produttività e agli utili d’impresa” ha detto testualmente).

I sindacati – dei quali com’è noto non ho molta stima, ma che nella circostanza sono agevolmente migliori di Tremonti e Sacconi – si sono posti una domanda, pleonastica,: “perché il Governo non si è attivato verso un programma di detassazione dei salari dei lavoratori dipendenti?”

Sia Tremonti che Sacconi sono saltati su come morsi da una tarantola ed hanno cominciato a concionare sul valore della detassazione dei premi e degli straordinari, ma mi è sembrato uno sterile farfugliare a vuoto: diciamoci la verità, entrambi non hanno idea di come fare a ripristinare un po’ di potere d’acquisto alle buste paga di lavoratori e pensionati.

Tutti e due continuano a legare l’incremento del salario alla maggiore produttività ed ai maggiori utili aziendali: ma nessuno spiega ai signori ministri che nella stragrande maggioranza dei lavoratori non esiste nessun potere decisionale che possa spostare la bilancia della produttività e del profitto in un senso o nell’altro; chi ha quei poteri (leggi: i dirigenti) ha già le stock-option che, peraltro, hanno una tassazione di favore!!

Insomma, l’assunto sembra chiaro: tu, schiavo lavoratore, produci di più e fammi avere un maggiore utile (alcune volte le due cose non sono legate assieme) ed io ti lascerò un po’ di elemosina; che ci sia un’altra carta prepagata all’orizzonte??!!

Occhio, Cavaliere, perché la “luna di miele” fa presto a diventare “luna di fiele”!!


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