domenica, giugno 29, 2008
DUE PAROLE SULLA "SPECULAZIONE"
Anzitutto diamo la definizione della speculazione e per far questo utilizziamo il fido Devoto-Oli, dove si legge che trattasi di “operazione finanziaria intesa a conseguire un guadagno in base alla differenza tra i prezzi attuali e quelli futuri previsti”.
Con questa definizione davanti agli occhi, proviamo a disegnare l’identikit dello speculatore, partendo dalla sua genesi, cioè dalla figura del mercante che appare in Europa a partire dal VII secolo a.c. e si pensa che sia nato in concomitanza, o addirittura “insieme”, alle figure dei pirati che furono indubbiamente i primi commercianti della Terra; l’attività consisteva in massima parte nell’acquistare oggetti scambiandoli con altri, almeno fino all’apparire della moneta; in questo la gente ha sempre pensato che ci fosse qualcosa di meschino nel comprare o vendere oggetti a fini di guadagno; ben diverso colui che “produce” qualcosa e poi lo colloca sul mercato.
Da questa prima figura malvista dai suoi contemporanei, deriva lo “speculatore” dell’era moderna che si getta su scommesse ad ampio raggio, con l’intento di condizionare i prezzi di alcune materie di grande uso tra la gente. E si scommette così su alcuni movimenti dei prezzi in un futuro più o meno prossimo e così nascono i famosi “futures” che sono contratti di acquisto o di vendita a una certa data e a un prezzo prefissato di qualunque merce.
Per mettere in piedi queste operazioni, gli speculatori – il cui prototipo è senza dubbio il magnate Soros – movimentano dei depositi, cosiddetti transnazionali in quanto la valuta è diversa dal Paese che li ospita, la cui entità complessiva sarebbe valutata in 8.000 miliardi di dollari, cifra che – tanto per darle una dimensione comprensibile – rappresenta una volta e mezzo le esportazioni mondiali di merci ed è molto di più del prodotto interno lordo degli Stati Uniti.
Con questo “esercito di dollari” mosso con strategie ben precise, gli speculatori danno l’assalto ai mercati che più appaiono interessanti sotto il profilo dell’utile: infatti, dopo il periodo delle vacche grasse in Borsa, si è passati ai futures sul petrolio, ma anche questi hanno raggiunto livelli che loro considerano non superabili a breve e quindi si sono attaccate le “commodities” cioè le merci di interesse primario per l’intera umanità (grano, soia, mais, ecc.).
Per fare questo hanno prima disimpegnato dalle Borse di tutto il mondo una parte delle loro disponibilità per utilizzarle in altro modo; questa operazione ha gettato – o meglio sta gettando – le Borse nel più profondo calo degli ultimi anni: si pensi che dall’inizio del 2008, le piazze europee hanno mandato in fumo qualcosa come 1.830 miliardi di euro e gli analisti più avveduti, dicono che per trovare un semestre del genere bisogna scendere fino al 1987.
Noi ovviamente ci siamo distinti in questa gara a calare ed il nostro indice S&T/Mib ha perduto il 24,27% complessivo; c’è da chiedersi se è possibile che un Governo o meglio il Governo dell’Europa, possa accettare di essere messo sotto schiaffo da una diecina di persone (tanti sono i finanzieri/speculatori di alto livello) e temo proprio che la risposta stia in una considerazione: il nostro premier, Berlusconi, con le sue partecipazioni in alcune aziende primarie, ha perso 3,5 miliardi di capitalizzazione in quest’ultimo anno: se ci fosse stato un rimedio, volete che non avrebbe messo in piedi una sorta di provvedimento che avrebbe salvato quella parte del suo patrimonio?
Quindi, amici cari, avete voglia a riempirvi la bocca di norme sulle tasse o sulle tariffe: una telefonata di Soros vale più di dieci “finanziarie”.