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sabato, maggio 17, 2008

ATTENTI ALLE PAROLE 

Nella scorsa legislatura venne fuori il termine “bamboccioni” - riferito ai trentenni che non abbandonano il nido familiare (per mancanza di soldi, aggiungo io) – ed il ministro che ebbe la sventura di coniarlo e renderlo pubblico, Padoa Schioppa, fu preso in giro da tutta la stampa, anche da quella che avrebbe dovuto essergli amica; adesso il termine di moda è “fannulloni”, coniato dal ministro della funzione pubblica, Brunetta, per riferirsi agli impiegati statali che non producono quanto dovrebbero sia per poca volontà di lavorare e sia, soprattutto, per la tante, troppe assenze che fanno.

È facile entrare nella simpatia della gente se viene annunciato che “i fannulloni verranno puniti, anche fino al licenziamento”; il problema nasce nel momento in cui si affronta praticamente la situazione e si vedono tutti gli ostacoli che si frappongono, sia dai sindacati che dai giudici del lavoro ai quali il dipendente cacciato ricorre sistematicamente e, nella stragrande maggioranza dei casi, ottiene il reintegro.

Anche perché, è bene che il ministro se lo metta in testa, il dipendente assenteista ha alle sue spalle un dirigente intermedio che si accorge della mancanza del subalterno e non può – o non vuole – intervenire; nella maggioranza dei casi il mancato intervento è dovuto ad una forma di palese ricatto: “tu eccepisci sulla mia mancanza ed io cosa dovrei dire sulla tua assenza di stamani”; insomma, l’andazzo è quello: io chiudo un occhio e tu devi fare altrettanto.

In questo andazzo però c’è una differenza: il dirigente è posto lì con specifica mansione di controllo sull’operatività dell’ufficio e quindi, se tollera che uno o più impiegati se ne vadano a fare shopping, viene meno al suo compito; ma se lo fa vuol dire che – molto probabilmente - più tardi anche lui uscirà dal posto di lavoro per andare, magari, a giocare un terno al lotto.

Il ministro potrà ovviamente fare il possibile per sistemare il reparto “statali”, ma è una goccia nel mare enorme della spudoratezza degli impiegati pubblici (Enti Locali, Comunità Montane, Asl, ecc.); è di questi giorni il rinvio a giudizio per un dirigente medico dell’Ospedale ginecologico di Rivoli, in Provincia di Torino, che – dopo una banale caduta dalle scale (prognosi 7 giorni) – non si è più ripresentata fisicamente al lavoro, se non attraverso i reiterati certificati che colleghi compiacenti (da colpire ancora più ferocemente della dottoressa) le rilasciavano: e lei intanto faceva l’urologa a tempo pieno in una struttura provata dove veniva retribuita “in nero” e, quasi a mo’ di vacanza, esercitava la professione in un villaggio turistico a Zanzibar; questo per vari anni, con l’aggiunta del ricorso alla falsificazione dei certificati che attestavano addirittura la frattura della vertebra sacrale.

Ma vedete, si comincia subito male: il P.M. aveva chiesto l’arresto della dottoressa che, per non farsi mancare proprio niente, si era esibita anche ad un gioco televisivo ed è lì che i colleghi l’hanno vista, ma il Giudice per le Indagini Preliminari ha commutato tale richiesta negli arresti domiciliari.

E infatti, vorrei sapere dai miei lettori se hanno sentore di qualche medico arrestato! Il detto che le leggi vanno “applicate” a tutti, ma per gli “amici” vanno interpretate è un caposaldo dei rapporti tra le classi sociali: non conosci nessuno in Paradiso? Vai in galera, se invece……allora…..

Nell’ipotesi che la crociata di Brunetta abbia successo, voglio sperare che analoga iniziativa si possa estendere agli Enti Locali – le Regioni “in primis” – vere fucine di bighelloni strapagati, incompetenti e con la puzza al naso, come si dice dalle mie parti!!

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