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sabato, aprile 05, 2008

E.C.O. 

Se decodifichiamo la sigla abbiamo “Ente Cancellazione Orchi” (l’ho inventato io); se invece togliamo i puntini tra le singole lettere abbiamo “Eco” che, oltre ad identificare la riflessione della voce contro un ostacolo posto a distanza, è il cognome del vate degli intellettuali italiani, quell’Umberto che, da tempo immemorabile, si è collocato uno scalino sopra a tutti gli altri; se vogliamo tentare un paragone, mettiamolo accanto ad Eugenio Scalari, il re dei giornalisti italiani, anch’esso di professione “stare uno scalino sopra a tutti”.

Ma che c’entra questo lungo e forse incomprensibile preambolo? È da porre in relazione ad una battuta pronunciata da Umberto Eco in occasione di un’intervista rilasciata a “El Pais”: “Il futuro dell’Italia? Dipende da quando moriranno alcune decine di persone, che già sono anziane; è un fatto biologico. E dopo dovrebbe arrivare una nuova classe politica”.

Cosa avrà voluto dire il re degli intellettuali italiani? Provo ad immaginare che se la natura non si sbriga a fare il proprio dovere, dovrebbe intervenire qualcosa dall’esterno; ed ecco che intravedo una sorta di Tribunale Speciale gestito appunto dall’ E.C.O. che condanna a morte queste “alcune decine” di persone, penso ad uomini politici e mi scervello a fare i loro nomi.

Per primo mi viene in mente l’ultra settantenne Napolitano, a seguire potrei indicare il quasi coetaneo Berlusconi seguito da Romano Prodi e dagli ultra ottantenni Andreotti, Scalfaro, De Mita e Cossiga: questo in politica, ma se poi ci spostiamo tra gli intellettuali, il nostro Eco, con i suoi 76 anni, sarebbe nei primi posti della graduatoria ai quali augurare una veloce “uscita di scena”.

Ma torniamo all’auspicio dell’Umberto circa la morte di alcune decine di persone ai fini – dice lui – di far posto ad una nuova classe politica e quindi, immagino che voglia sottintendere, realizzare un futuro migliore per l’Italia.

Beato lui che ha di queste speranze, io non posso essere dello stesso avviso, in quanto non ritengo che la nuova classe politica che “succederebbe” agli attuali, vede in prima fila persone come Fini, Veltroni, Rutelli, Casini, D’Alema , Fassino e via di questo passo, persone cioè che pur avendo un po’ meno di 60 anni, sono in politica da quasi quaranta ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

No, caro Umberto, non sono d’accordo, perché così come non ritengo che cambierà qualcosa per il popolo americano se invece di Bush sarà guidato da Omaba o da Hilary o da McCain, altrettanto credo che non sia una questione di età anagrafica, ma di altre prospettive politiche e di ben diversi valori etici.

In buona sostanza, ritengo che il detto “ogni paese ha il governo che si merita”, sia, ai giorni nostri, quanto mai veritiero: infatti il duo Veltroni – Berlusconi rappresenta quello che è adesso il nostro Paese, spaccato in due ma non su valori o su espressioni politiche o sociali e neppure su interessi personali, ma soltanto su prese di posizioni stereotipate, aprioristiche, tipo la squadra del cuore (sto per l’Inter contro il Milano, oppure con la Roma contro la Lazio).

C’è stato un tempo nel quale uomini come Einaudi, De Gasperi, Nenni, Togliatti, hanno mostrato agli italiani come si fa politica e gli italiani hanno seguito i loro passi e si sono comportati da “cittadini pensanti e responsabili”, ma quello è il passato ed il passato non ritorna e, come diceva Marx, “la storia può ripetersi soltanto trasformandosi in farsa”: ecco, è quello che ci sta capitando.


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