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martedì, marzo 25, 2008

IMPOSTE E TASSE 

In questi giorni nei quali sono stato di più in casa – anche per il maltempo – mi sono imbattuto in uno sconclusionato discorso del Cavaliere – che potrebbe, ahinoi, capitarci come nuovo premier – il quale si sperticava in un lungo elogio della famiglia (lui infatti ne ha due, casomai se ne guastasse una) e a questo proposito ha promesso mari e monti di aiuti, soprattutto per quanto riguarda forti sgravi fiscali e, in tale circostanza l’ho udito con le mie orecchie, usare indifferentemente la parola “imposte” e “tasse”.

Ed allora, lasciando stare il nocciolo dell’assunto del Berlusca – chi vuole se lo vada a trovare nei vari siti internet che se ne occupano – cerchiamo di approfondire il concetto dei due termini sopra citati e, soprattutto, delle loro differenti ricadute sull’economia e sul singolo individuo.

Muniti del fido “Devoto – Oli”” andiamo anzitutto a scoprire il significato delle due parole: l’imposta, suddivisa in diretta e indiretta - è una “quota della ricchezza privata che lo Stato e gli Enti pubblici prelevano coattivamente per procurarsi i mezzi necessari alla produzione dei servizi di comune utilità”; vediamo adesso il significato delle due sottocategorie: le imposte dirette sono quelle che colpiscono il reddito: tra le più importanti troviamo l'IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) e l'IRPEG (imposta sul reddito delle persone giuridiche) .
Le imposte indirette invece colpiscono i movimenti di beni in quanto esistono o sono trasferiti a terzi; senza dubbio la più importante è l'IVA (imposta sul valore aggiunto) che colpisce i beni quando vengono trasferiti nel corso del loro ciclo produttivo.

La “tassa” è invece definita come “un tributo pagato allo Stato o ad altro Ente dal privato cittadino per usufruire di particolari servizi interessanti l’intera collettività: alcuni esempi sono la tassa sulla benzina, quella di soggiorno, quella di successione, insomma tutti quei balzelli che vengono pagati in ugual misura dal ricco e dal povero.

Quindi, facendo qualche brevissima riflessione sulle due forme di prelievo fiscale, mentre la prima è “teoricamente” equa in quanto si preleva in relazione agli introiti del singolo e quindi, con aliquote accettabili, è tollerabile, la seconda è un autentico balzello specie perché applicata su generi di primissima necessità o su operazioni che tutti noi facciamo (è un esempio macroscopico la tassa sui c/c, la vecchia marca da bollo ora sostituita da un prelievo mensile apposito).

La tassa ha una sostanziale iniquità, perché l’applicazione sul mio modesto conto corrente e su quello di Berlusconi è identica; il litro di benzina che entra nel serbatoio della mia auto ha lo stesso prelievo fiscale di quello che entra nella macchina di Berlusconi (tanto per citare uno a caso) e quindi l’incidenza nel bilancio familiare mio e di Berlusconi è cosa ben diversa.

Ma lo Stato regge tutta l’impalcatura dell’erario proprio sulle tasse; riflettete un attimo: sulle imposte (del reddito o altre) deve essere il contribuente a muoversi e fare denunce o altre documentazioni per poter accedere al pagamento e se non lo effettua diventa uno dei tanti “evasori” sui quali lo Stato non può contare più di tanto e per ricercarlo impiega denaro e uomini; il meccanismo delle tasse è ben diverso e prende l’avvio dal “bisogno” che il cittadino ha di usufruire di un certo bene o servizio (benzina per l’auto, pedaggio autostradale, ecc.) e nello stesso istante – insieme al costo della prestazione – viene pagata la relativa tassa, senza poter neppure tentare una qualsiasi forma di “evasione”; per forza che sono quelle preferite dall’Erario, su queste ci può fare conto, addirittura anche in anticipo basandosi sui consumi previsti!!


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