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giovedì, marzo 06, 2008

DOPO LE DONNE I BAMBINI 

Ricorderete che tempo addietro mi sono impegnato in una specie di “crociata” nei confronti delle violenze alle donne; crociata giusta, anzi sacrosanta, ma ora dobbiamo spostare il tiro verso i bambini, quella specie che insieme ai vecchi sono i più indifesi in questa società.

In occasione di violenze nei confronti di minori avevo coniato il termine “bastardo” per colui che ne era l’autore ed avevo anche affermato che la stragrande maggioranza di questi episodi avviene sotto il tetto familiare, per cui il tanto temuto “omo nero” non deve essere cercato troppo distante dalla vittima.

Due eventi mi inducono a riprendere il discorso, sia pure di mala voglia, dato che sono nonno e l’argomento mi fa stare male: il primo riguarda la tragedia di Gravina, dove i due piccoli fratellini Pappalardi sono stati ritrovati morti in una cantina di una casa abbandonata, a poche centinaia di metri dalla casa dove i due ragazzini abitavano.

Con la lentezza esasperante tipica della giustizia italiana, si scopre, un po’ per volta, che i due fratellini sembrerebbero caduti incidentalmente dentro questa sorta di cunicolo che è stato la loro tomba e che sarebbero quindi morti di stenti, uno dopo “solo” otto ore, a causa delle ferite riportate nella caduta, e l’altro invece ha sopravvissuto per ben due giorni, accanto al fratello morente, chiedendo invano aiuto a chi non lo voleva o poteva aiutare e piangendo come solo un bambino sa piangere.

Questa scena che possiamo, tutti noi adulti, immaginare è una delle maggiori realtà accusatrici per il genere umano: ed un mondo che permette questo è inumano, un Dio che permette questo significa che “non ha orecchi per udire” e, infine, tutto l’apparato che a suo tempo – cioè quando si registrò la scomparsa dei due ragazzini – si mobilitò per le ricerche, deve interrogarsi sulla sua inefficienza: pensate che tutti i bambini della zona indicavano quel luogo, chiamato “la casa delle cento stanze”, come possibile rifugio/tomba dei fratellini, ma gli adulti, dall’alto della loro sapienza, si sono ben guardati dal dare loro ascolto e nessuno è andato a ispezionarlo: chi sono i “bastardi”?

Il secondo evento che mi ha turbato è quello che riguarda la compra-vendita di neonati iniziata giorni addietro in forma, direi artigianale, con una ragazza che avrebbe venduto la sua creatura, e diventato un piccolo ma lucroso commercio se è vero che nel salernitano sette persone sono finite in manette per avere gestito un traffico tra alcuni rom e delle coppie ansiose di avere un bambino tutto loro.

So di fare un discorso “politically incorrect”, ma vado avanti lo stesso: anzitutto precisiamo che è invalso l’uso di considerare il feto, prima, ed il bimbo, poi, come un qualcosa di esclusiva proprietà della madre (molto meno del padre), un qualcosa della quale poter disporre a piacimento.

E la prima cosa che mi viene in mente su questa forma di “disporre a piacimento” è l’aborto, cioè la decisione di colei che si accorge di essere incinta di provvedere a farsi togliere l’ingombrante fardello; alcune, invece di buttare nella nettezza il feto che viene tolto dall’utero femminile, arrivano fino alla sua completa realizzazione e, subito dopo la nascita, persistendo il rifiuto dell’ingombrante figlio, cercano di piazzarlo in qualche modo, cercando anche di guadagnarci sopra: un po’ come si fa con i gattini o i canini che si cerca di collocare ad amici o parenti, nell’intendo – come si dice – di mandarlo a “stare bene”; questo è quanto avviene e stigmatizzare tale comportamento è come dire che l’uomo non può disporre della vita altrui, neppure di quella del proprio figlio.

Non è giusto accostare l’aborto alla compravendita dei bambini? Forse è vero, ma……


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