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martedì, febbraio 05, 2008

PARLIAMO D'ALTRO 

Dopo il mesto tentativo del Presidente Marini, la legislatura si sta avviando alla sua conclusione mediante l’indizione di elezioni generali che – stando alle previsioni – dovrebbero tenersi nella prima quindicina di aprile; di questo argomento abbiamo parlato anche troppo e quindi vorrei passare ad altro: l’unica cosa che mi intriga è la sbandierata volontà del PD di andare “da solo” alle urne e di fare “solo dopo l’eventuale vittoria” gli apparentamenti; non sappiamo ancora quali siano gli intendimenti del centro destra e quindi di questo ne parleremo a tempo debito.

La recente “Giornata della Memoria”, dedicata al ricordo dell’olocausto degli ebrei (si dice 6 milioni) ad opera del nazi-fascismo, ha suscitato qualche rigurgito di razzismo in vari ambienti nostrali; del resto basta dubitare lievemente delle affermazioni ebraiche per essere etichettati come tali, anche coloro che affermano come sia “poco probabile” che un gas altamente esplosivo come il Cyclon B (usato nei campi di sterminio) possa essere irrorato dai tubi delle docce.

Ma non è questo che mi interessa, bensì raccomandare ai miei lettori un film sul razzismo scritto e diretto da Cristina Comencini che ho visto recentemente e mi ha colpito per il suo interessantissimo assunto tematico: il suo titolo è “Bianco e Nero” e narra la storia di due persone – appunto di colore diverso tra loro – che si innamorano perdutamente e per questo vengono cacciati dai rispettivi coniugi – anch’essi di colore diverso - ed entrambe le comunità li accusano di avere scelto un partner di colore diverso, mostrando così che il razzismo è da entrambe le parti.

Ovviamente è solo un film e non un trattato di antropologia culturale, ma risente delle sensazioni che l’autrice ha ricavato nelle frequentazioni di tutti i giorni in tutte e due le comunità: i bianchi, pur riempiendosi la bocca di frasi roboanti circa l’integrazione razziale, di fatto, quando si trovano toccati in prima persona, si dimostrano razzisti oltre ogni più pessimistica aspettativa (la moglie di lui, impegnata nel sociale in una Associazione interrazziale, quando scopre che il marito la tradisce gli grida dietro: “non avrei mai potuto immaginare che mi avresti tradito proprio con una negra!”.

Ed il marito di lei, professore universitario, anch’egli impegnato nella stessa associazione interrazziale, addirittura la picchia e la caccia di casa; del resto altrettanto fanno i parenti di colore, che le si accaniscono contro con vera ferocia.

Analoga situazione mi sembra che sia presente nel campo degli antisemiti, ma anche in quello dei filo-semiti: entrambi rivendicano una verità che non è mai stata dimostrata e cercano di applicarla alle loro convinzioni: i primi (gli antisemiti) vorrebbero attribuire le eventuali nefandezze dello stato di Israele (qualcuna anche inesistente) e addirittura i crimini di singoli ebrei a “tutti gli ebrei del mondo” che verrebbero così bollati a fuoco con un marchio di infamità riferito all’intera razza.

I secondi (cioè i filo-semiti), in virtù di un legame razziale, pretendono che Israele goda di uno sorta di statuto particolare per cui non la si può criticare, in nome dei crimini commessi contro gli ebrei non solo durante la seconda guerra mondiale, ma anche nei secoli di dominazione cristiana.

Di questa situazione – solo apparentemente illogica ma nella realtà con una logica tutta razzista – i laici come me non ne possono proprio più e quindi, quando possono evitano di affrontare il problema dell’olocausto o altro similare, perché non si sa mai chi abbiamo di fronte e quindi, nel dubbio, è meglio parlare d’altro; paura, direte voi? No, solo che non mi sembra un argomento per litigarci sopra.


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