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giovedì, novembre 22, 2007

RICORDATE I FILM WESTERN ?? 

I film a cui alludo sono, ovviamente, i vecchi western, dove si fronteggiavano indiani e cow-boy e dove ho udito uno slogan che mi è sempre rimasto impresso: “l’unico indiano buono è un indiano morto”.

Lo stesso slogan credo che lo potremmo applicare – noi italiani – ai romeni che vivono in Italia: in questi giorni si stanno sprecando gli elogi funebri per il piccolo Fiorin, il piccolo venuto dalla Romania con i genitori e con i due fratellini; una famiglia povera ma onesta, con un padre che si dannava l’anima per portare a casa un tozzo di pane, lavorando dove lo chiamavano con il sistema del “saltuario” adesso tanto caro alla nostra economia, la madre in casa – una piccola baracca in lamiera – con il compito di tenere pulito l’ambiente per i bambini, tutti frequentatori di una scuola, e per il marito quando tornava a casa: un malaugurato incendio ha ucciso il piccolo Fiorin e gettato il resto della famiglia nella disperazione più nera.

Una famiglia, badate bene, simile a tante nostrali, nella quale la miseria la fa da padrona, con l’unica differenza che le poche istituzioni pubbliche che si occupano di questi casi di miseria, la famiglia romena – seppure la vedono – la mettono agli ultimi posti della graduatoria di quelli da aiutare, fedeli allo slogan che ho sopra enunciato.

C’è qualcuno di voi che conosce uno o più romeni? Io, da parte mia, posso citarne un paio: il primo è un ragazzo di poco più di trenta anni, diplomato in Romania, che si adatta a fare il manovale nel nostro paese; l’altro è una ragazza, una badante, laureata in economia nel suo paese, affezionata alla famiglia dove lavora come loro sono affezionati a lei.

Se chiediamo loro di raccontarci qualcosa della vita in Romania ai tempi di Ceausaescu, vi dicono che il diritto al lavoro era garantito e gratuito per tutti e che non c’erano difficoltà a trovare lavoro; i salari e le pensioni erano decorose e comunque sufficienti perché il costo della vita era basso, i prezzi stabili e la roba da comprare poca e di scarsa qualità: in sostanza, possiamo dire che l’essenziale era garantito, il superfluo un sogno!

L’apertura del libero mercato, l’arrivo della libertà e della democrazia (!!!???) ha totalmente disgregato la società, nella quale si registrano situazioni di ricchezza mostruosa a fronte di tantissime realtà di miserabili che non hanno di che vivere e quindi, se possono, emigrano verso i “paesi del sogno”.

Inoltre – e qui sta la molla più importante – una cosa è essere poveri dove tutti sono poveri e l’altra è esserlo laddove brilla un’opulenza vistosa e vissuta come offensiva nei confronti di chi muore di fare.

Questo è il cocktail micidiale che ha scatenato la fuga dalla loro patria ex-comunista e l’arrivo nell’Europa occidentale dove avevano visto che c’era benessere per tutti; questo benessere per loro non c’è stato e non c’è tuttora e quindi, in alcuni casi, si è scatenata la violenza.

L’errore, forse, è stato quello di immettere brutalmente nelle società ex-comuniste, l’economia del “capitalismo reale” senza salvare prima le povere ma concrete conquiste del “socialismo reale”; si è confuso le riconquistate e sacrosante libertà civili con il “libero mercato”.

Ma non sono la stessa cosa e molti di loro si sono trovati a passare da una dittatura all’altra, dove quest’ultima è rappresentata dalla “dittatura del capitalismo” con tutti gli obblighi cui il singolo cittadino è sottoposto: uno a caso, la sudditanza dal denaro!!


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