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lunedì, agosto 06, 2007

LA SCENEGGIATA SULLA BENZINA 

La chiamo “sceneggiata” perché in qualche modo intendo legarmi al “paese di pulcinella” citato ieri: perché sono ancora delle solenni prese per i fondelli !!

Quella della benzina è una sorta di tormentone che si ripete a intervalli ciclici e durante il quale ci sono accuse reciproche tra il Ministro dell’Industria – che peraltro ha dichiarato di non avere nessun potere in materia – e i petrolieri nostrani che non assomigliano allo stereotipo del texano con il cappellone a larghe falde, ma sono altrettanto rapaci.

Dunque, vediamo cosa sta accadendo: una delle cose assai spesso ricorrente e cioè che il prezzo del petrolio cala e quello della benzina cresce; allora il ministro competente accusa i petrolieri che si rifugiano nella vetustà della rete distributiva, salvo a fare quadrato quando lo stesso ministro cerca di svecchiarla sia sotto l’aspetto urbanistico che sotto quello normativo (liberalizzazione).

E allora? Allora, il mondo della produzione petrolifera ha al proprio arco un’altra freccia, quella dell’incidenza delle imposte sul caro benzina; ebbene, è giusto che si sappia che il 65% del prezzo di un litro di benzina (quindi due terzi) va allo Stato, dei quali, il 48,3% sotto forma di accisa e per il restante 16,7% come IVA.

Sapete cosa significa questo termine (accisa)? Esattamente “imposta indiretta sulla fabbricazione o sulla vendita , della quale il produttore e il venditore si rivalgono elevando il prezzo”: questa è la definizione che mi fornisce il fedele Devoto-Oli.

È comunque una imposta che ha una sua caratteristica specifica: se ne può calcolare subito la redditualità, perché se metto un aggravio d’imposta pari a 10 centesimi di euro, conoscendo – come si conosce – il fabbisogno di carburante, con una semplice moltiplicazione si arriva a stabilire quanto rende.

Ed ecco perché questa accisa è diventata la preferita per interventi d’urgenza, per quelli cioè che vengono impropriamente chiamati “una tantum” e poi – siccome nessuno li toglie – diventano “una semprum” (scusate il latino maccheronico).

A questo proposito, è veramente gustoso andare a vedere le una tantum che ancora ci sono sull’imposta della benzina: lo sapevate quale è stata la prima? Ebbene, questo record se lo aggiudica Mussolini che nel 1935 mise un aumento d’imposta di 1,90 lire a beneficio della guerra d’Abissinia; ed ovviamente è ancora lì.

Si passa poi alla crisi di Suez (1956, Lire 14) e si attraversa tutta l’Italia delle disgrazie, dalla diga del Vajont all’alluvione di Firenze ed al terremoto del Belice, tutte valutate 10 lire; i terremoti continuano (Friuli, 99 lire e Irpinia, 75 lire) ed arriviamo ad un nuovo record: quello della più alta sopratassa, le 205 lire per la missione in Libano del 1983; ci sono poi le 22 lire per la missione in Bosnia e, le 39 lire per il rinnovo del contratto degli autoferrotranviari del 2004.

In totale 486 lire, pari a 0,25 euro che ancora insistono sul prezzo del carburante; e con questo macigno che il nostro Stato si porta dietro cosa volete che possa imporre – ammesso che lo voglia – ai petrolieri!! “Non accetteremo scuse” sbraita Bersani, ma lui che scuse può dare sulla sopratassa per la guerra d’Abissinia??!

Ed ora, quando sentirete parlare di “una tantum”, ricordate che questa non sparirà mai più; dalle mie parti c’è un detto che recita: non c’è niente di più definitivo delle cose provvisorie”.

Meditiamo, gente, meditiamo!!


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