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sabato, luglio 07, 2007

A PROPOSITO DELLE PENSIONI 

L’argomento che attualmente tiene banco nelle discussioni politiche è indubbiamente quello riguardante le pensioni; già nel famoso “programma” il governo Prodi aveva promesso di mettere mano al vecchio provvedimento del Ministro Maroni che prevede dal 2008 un innalzamento dell’età pensionabile (il famoso scalone).

Vogliamo dire qualcosa anche noi su questo scottante problema? Vogliamo, vogliamo!! Però alla mia maniera, forse bislacca, ma che vede le cose con un filo conduttore che parte dal cuore per arrivare al cervello; e adesso vediamo cosa siamo capaci di dire: anzitutto dobbiamo rilevare che l’U.E. ci pressa fortemente per risanare i conti dell’INPS che, a detta degli economisti europei, versa in gravi condizioni.

Analizziamo quindi una cosa che raramente viene detta: nel calderone dell’INPS non c’è solo la spesa per le pensioni, ma c’è anche tutta la parte che riguarda l’assistenza a situazioni di precarietà lavorativa (la famosa Cassa Integrazione) e c’è poi anche altre forme di assistenza che si creano nel nostro Paese anche per cause di calamità naturali: insomma tutto fa capo all’INPS, ma raramente e, con argomenti e numeri di difficile interpretazione, si arriva a capire l’incidenza di tutti questi comparti nel bilancio.

Quello che fa l’INPS, il cui acronimo è Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, è interamente votato all’assistenza ed all’intervento nei vari campi del “sociale”: ecco, prima di andare avanti, teniamo bene a mente che questo termine (sociale) diversifica l’INPS da una qualsiasi forma “assicurativa”, ma lo porta più nel campo dell’assistenzialismo.

Se mi date per buona questa precisazione, proseguo tirando fuori una mia proposta – “assurda” (per modo di dire) come sono di norma le mie idee – e che parte dal presupposto che l’Istituto ha compiti assistenziali e non meramente assicurativi; quindi diciamo che un signore che negli ultimi dieci anni ha guadagnato 10.000 euro al mese ed ha versato contributi consequenziali, quando va in pensione, ha il diritto di percepirne circa 8.000 (non state a guardare la verità numerica).

Ecco, giunti a questo punto l’aspetto sociale (cioè la famosa “S”) dovrebbe intervenire e fare un discorso che recita grosso modo così: chi ha guadagnato di più ed ha versato di più, non ha necessariamente diritto alla pensione calcolata con gli stessi criteri di uno che negli ultimi dieci anni ha guadagnato 1.000 euro al mese, e questo proprio per l’intervento di quella famosa “S” che ha il compito anche di livellare le pensioni che l’Istituto è chiamato a fornire.

E quindi occorre ragionare con un’altra lingua: anzitutto si pone un “limite” alle pensioni e questo limite (diciamo, tanto per discutere 3.500 euro al mese) è quanto di massimo l’INPS paga, a prescindere dai contributi versati; la differenza tra tutte queste cifre massimali e l’importo che realmente questi signori dovrebbero percepire, viene ridistribuito tra le pensioni più basse, in modo che queste si alzino, almeno un po’.

Magari non si raggiungeranno risultati clamorosi, ma si dirà – con i fatti – che gli anziani sono nei nostri cuori, insieme ai bambini ed ai malati, aggiungendo che coloro che subiranno il taglio della pensione, sono comunque persone che guadagnano una cifra importante e che durante la vita hanno avuto occasione di mettere da parte cifre considerevoli, visti gli stipendi percepiti.

E mentre Mastella diffida il governo da considerare le pensioni “un totem ideologico”, io sono esattamente del parere opposto, perché questo è uno dei casi (insieme a malati e bambini) in cui deve prevalere l’aspetto ideologico su tutto il resto..


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