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sabato, giugno 23, 2007

SINDACALISTI E STATALI 

Di nuovo Luchino “ciuffalvento” Montezemolo alla ribalta ed agli onori delle cronache: in occasione dell’assemblea degli industriali di Reggio Emilia ha dichiarato che”….si ha la sensazione che il sindacato ogni giorno di più sia il sindacato della pubblica amministrazione e ogni tanto dei fannulloni…”.

Tra successive smentite e precisazioni non si è ben capito a chi alludesse il buon Luchino ed allora provo a fare due ipotesi: la prima è che si riferisse alla difesa degli statali che proprio poco tempo fa hanno strappato un contratto buono.

A questo proposito la posizione di Montezemolo è facilmente difendibile, in quanto chiamare “fannulloni” gli statali è come sparare sulla Croce Rossa e questo a detta non solo del capo della Confindustria ma anche di un illustre studioso dei problemi del lavoro, di matrice sinistrorsa, il Professor Pietro Ichino che afferma come “chiudere il contratto degli statali senza avere ottenuto in cambio alcuna garanzia concreta contro i fannulloni è stato un gravissimo errore commesso dal governo”.

Dunque la parola “fannulloni” è ormai di uso comune quando si parta degli statali e quindi non capisco il motivo per cui ci si scandalizza del suo impiego da parte di un personaggio come Montezemolo.

Se poi, come da qualche parte ventilato, il termine “fannulloni” è riferito ai sindacalisti, c’è da dire che proprio di recente – anzi proprio in occasione del rigurgito per gli sprechi della politica – è venuto a galla lo “scandalo dei distacchi”.

Cosa sono? Dunque cerchiamo di spiegare: anzitutto diciamo che riguarda oltre 3.000 sindacalisti che sono “distaccati”; spieghiamo meglio: questi signori lavorano per il sindacato conservando lo stipendio dell’amministrazione di riferimento, comprensivo addirittura dei premi di produttività.

Questo andazzo sembra sia stato quantificato in 116 milioni di euro che annualmente costano all’amministrazione; se poi si passa ad esaminare l’inclusione di rappresentanti sindacali nei vari organismi pubblici, si scopre che soltanto nell’INPS abbiamo ben 899 organismi nei quali fanno parte sindacalisti che “campano” di questo e non si può certo dire che “si ammazzino di lavoro”.

Possiamo quindi affermare che sia gli statali che i sindacalisti non sono esempio di voglia di lavorare; ma come si potrebbe fare a cambiare questo andazzo?

Non credo che questi signori abbiano un DNA particolare e neppure che sia il luogo di lavoro che induce loro a non fare niente; credo invece che il tutto dipenda dalle cosiddette dirigenze intermedie, quelle cioè che sono a più stretto contatto con il lavoratore e che – attraverso il loro esempio – dovrebbero spingere la produttività verso valori accettabili.

Se questi “medi dirigenti” sono i primi a non fare niente e ad imboscarsi in ruoli che gli consentono di non fare niente, mi sembra evidente che il sottoposto non possa fare altro che cercare di imitare il suo capo e quindi adeguarsi all’andazzo.

Badate bene che ciascuno dei due organismi in discussione (statali e sindacalisti) hanno al loro interno anche persone decisamente operose e che vanno in ufficio al mattino con l’idea di fare qualcosa di produttivo; c’è però un detto in quegli ambienti che dice all’incirca così: “se ti viene voglia di lavorare, non ti preoccupare, mettiti a sedere, vedrai che ti passa”.

Ed è proprio quello che accade in questa nostra Italia disastrata e bistrattata da statali, sindacalisti, ma anche da confindustriali, politici, ecc,ecc,…


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