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martedì, giugno 19, 2007

ANCORA SULLE INTERCETTAZIONI 

Ricorderete che alcuni giorni addietro ho sollevato il problema delle intercettazioni, spinto soprattutto dalla presa di posizione del Ministro Antonio Di Pietro, assolutamente contrario a qualsiasi forma di imbavagliamento e deciso a dare battaglia per fare in modo che la gente possa comprendere appieno per chi ha votato.

La battaglia di Tonino è più che sacrosanta, ma non ha molte probabilità di successo, in quanto tutte le forze politiche si mostrano favorevoli ad una legge che regolamenti (cioè imbavagli) la diffusione delle intercettazioni telefoniche.

Vorrei fare una prima notazione: queste intercettazioni non sono sull’utenza telefonica dell’onorevole, in quanto è assolutamente vietato fare ciò; sono invece delle intercettazioni che provengono da linee telefoniche intestate a personaggi che – in un modo o nell’altro – sono finiti nell’occhio della magistratura; un esempio: la sinistra (D’Alema e Fassino) aveva come interlocutore Consorte che è stato rinviato a giudizio dopo essersi fatto un po’ di galera; la destra (Berlusconi e Letta) invece parlava o veniva nominata da Ricucci, anch’esso rinviato a giudizio ed ospite delle patrie galere. Tutto questo a dimostrazione che le frequentazioni non sono delle più limpide.

Una seconda notazione: adesso tutti i politici incolpano queste intercettazioni, o meglio, la loro diffusione, della strombazzata crisi della politica della netta separazione che c’è tra istituzioni e gente della strada, insomma dello sfascio al quale assistiamo tutti i giorni.

Ed a questo proposito ne ho letta una graziosa: il banchiere Giovanni Bazoli, amico personale di Prodi, presidente di Intesa-San Paolo, nel corso dell’intervento alla presentazione di un libro di Padoa Schioppa, ha affermato che “questa situazione rischia di farci regredire, di riportarci a una situazione pre-politica”.

Parafrasando un personaggio della brava cabarettista Marchini, mi viene spontaneo dire: “Ma che avrà voluto dire??”, certo non una cosa che si poteva capire tutti, specie per l’uso di quel termine pre-politica che non significa niente letteralmente ma che può essere interpretato in vari modi, uno tra tutti, far balenare una qualche forma di dittatura, come se questa poi non facesse parte della politica.

Comunque sia, adesso i nostri politici, spernacchiati in qualsiasi piazza d’Italia, hanno un nuovo e succulento alibi: è tutta colpa del combinato disposto magistratura/giornali che mettono in giro delle calunniose immagini dei bravi uomini politici; a questo proposito, sono perfettamente d’accordo con un magistrato di Milano che afferma candidamente che se i signori politici si sentono diffamati, lo denuncino apertamente alla magistratura e questa aprirà una doverosa inchiesta: a quanto mi è dato conoscere, nessuno lo ha fatto, perché un processo sarebbe ben più imbarazzante di qualche riga sui giornali.

Concludo come ho aperto: dobbiamo fare il tipo per Tonino di Pietro, il quale ha dichiarato apertamente che se verrà presentata in parlamento una legge “bavaglio”, lui ovviamente non la voterà, ma farà anche un passo ulteriore: uscirà dal governo.

Sarà vero oppure anche lui cerca visibilità madiatica e quindi si lancia in proclami che poi sa bene di non poter mantenere?

So bene che il rischio è altissimo, ma l’unica scommessa che, per questo momento, abbia un senso è quella su Tonino; si potrebbe aggiungere – parafrasando il titolo di un film di Comencini “Mio Dio, come siamo caduti in basso!”.


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