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martedì, maggio 29, 2007

ANCORA SUGLI SPRECHI IN POLITICA 

Continuiamo a ragionare su quanto scritto nel mio precedente post e cioè di tutto il “mangia mangia” che esiste nella casta politica; non speriamo di trovare una soluzione, se non scaturita dalla violenza, perché al momento nessuno ci riesce.

In compenso il dibattito è sempre più vivace e dalle battute dei comici siamo passati a quelle degli intellettuali, per non tacere poi degli interventi dei politici, alcuni anche “anomali” che continuano nell’analisi e rifuggono la cura.

Cominciamo a sentire quelle che sono le battute più spiritose degli intellettuali circa la disaffezione degli italiani: non è solo la crisi dei valori che rappresentano i nostri politici ma è soprattutto – a detta dell’intelligentone di cui non vi dico il nome per non fargli pubblicità – la crisi della democrazia rappresentativa che, a suo dire, non è altro che la “dittatura delle minoranze meglio organizzate” che autotutelandosi e rubando per sopravvivere, schiacciano e soffocano il singolo individuo, che poi sarebbe il cittadino, l’uomo della strada, insomma chiamatelo come volete.

Insomma la crisi starebbe nel “sistema” che genererebbe malattie incurabili (come l’appropriazione indebita…) e che starebbe in piedi solo per schiacciare il singolo, autentica vittima designata.

Tutto bene, tutto ben pensato, tutto anche veritiero (anche se non posso dire “vero”), ma anche questa analisi difetta nella conclusione: quale cura – se non la rivoluzione o una dittatura – si può prevedere per una democrazia malata come ci viene presentata??

Altro intervento sul tema lo abbiamo avuto a cura di Tonino Di Pietro che mi fa un po’ fatica chiamare “politico”, in quanto artefice di un repulisti nei primi anni ’90 e poi imbrancatosi anche lui nello stesso carrozzone degli odiati politici; il grande Tonino sposa totalmente la definizione data da Luca di Montezemolo del politico nostrale che è incapace di innovazione, è autoreferenziale e territorialmente costosissimo; con questa definizione l’attuale Ministro per le Infrastrutture conia il primo dato del politico dei nostri giorni, per poi proseguire con una affermazione – che poi spiega – che suona press’a poco così: spendiamo più oggi con le varie mazzette e con i tanti meccanismi inventati, che negli anni ’90 quando i politici rubavano a tutto spiano, sia per se stessi che per il loro partito.

E a proposito di quegli anni gloriosi che lo videro indiscusso protagonista della sfera mediatica, aggiunge che si arrivò ad una catarsi del sistema politico, il quale però – anziché rinascere con un nuovo modello – ha posto in essere una serie di atti e di azioni tutti tendenti a rilegittimare i vecchi sistemi e a “ingegnerizzarlo”, creando cioè dei meccanismi amministrativi, legislativi e di prassi che hanno “sbiancato” quello che prima erano fatti penalmente rilevanti; e quindi, “occupazione” di Consigli di Amministrazione di aziende municipalizzate, “invenzione” di consulenze a costi addirittura assurdi; il tutto – conclude Di Pietro – fa sì che il costo delle tangenti degli anni ’90 era minore del costo ufficiale della politica degli anni duemila. La differenza, vorrebbe aggiungere ma non può perché anche lui è “implicato”, è che i primi sono stati smantellati, mentre con quelli di ora non c’è niente da fare!!

E tutto questo, sia ben chiaro, indipendentemente di chi sia a governare; si potrebbe parafrasare il “questo o quello per me pari sono”; ed è anche logico che sia così, in quanto ognuno di loro è l’impronta in negativo dell’altro.

Ma torneremo ancora a parlarne. Ovviamente se vorrete!!


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