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mercoledì, maggio 23, 2007

ALCUNI NUMERI SU CUI RIFLETTERE 

Sui mass media di questi ultimi giorni campeggiano alcuni numeri – buttati là per stupire più che per far riflettere – che fanno obbligatoriamente pensare: i primi si riferiscono agli incidenti sul lavoro, le cosiddette “morti bianche”, che dall’aprile 2003 sono stati, nella sola Italia, ben 5.252 (forse non erano compresi i due odierni, ma la cifra si sposta di poco).

Ebbene, sapete a cosa viene paragonata o meglio confrontata quella cifra? Addirittura con un’altra che dovrebbe far rabbrividire: i morti in Iraq tra le forze della coalizione (quindi americani, inglesi e gli altri) nello stesso periodo; ebbene questi ultimi sono “appena” 3.520 (anche qui forse non ci sono gli aggiornamento odierni) e quindi sono circa 1.700 meno dei morti sul lavoro.

Ma che c’entra? Ma che razza di paragone è questo? Sono due cose talmente diverse da loro che solo ad accostarle si fa peccato di eresia; infatti, la prima considerazione che mi viene da fare è che i morti dell’Iraq “ci sono andati”, mentre quelli caduti dalle impalcature o da altre situazioni lavorative, non avevano nessuna intenzione di andare a fare qualcosa di pericoloso.

Aggiungerei una cosa: in Iraq sono tutti ragazzi giovani, in massima parte neri, mentre sul lavoro i morti sono di tutte le età, di tutte le regioni, direi di più: di tutte le nazionalità, e questo è l’unico dato che li avvicina ai soldati della coalizione occidentale.

Forse si potrebbe fare un’altra considerazione, soprattutto potrebbe farla un figlio di buona donna come me (tanto mia madre è morta da santa donna!!): i giovani che vanno in Iraq a fare la guerra, guadagnano cifre importanti, tant’è vero che i volontari italiani al ritorno dalla missione potevano permettersi di acquistare una casa; coloro invece che muoiono sul lavoro guadagnano quello che “gli altri” si degnano di dare loro e, ci sarebbe da aggiungere, devono anche ringraziare.

Passiamo adesso all’altra cifra che poi se ne porta appresso altre: dai dati Istat una famiglia su sei non arriva alla fine del mese; se non sbaglio i conti si parla del sedici per cento dell’intera popolazione.

Qualcuno di voi si ricorderà che tempo addietro ebbi a fare un post sull’assistenza, sulla Caritas ed i suoi pranzi e cene ai poveri che vanno a mangiarseli: ebbene, ebbi a dire che non si trattava più di barboni, extra-comunitari o persone particolarmente indigenti, ma gente che, una volta uscita di lì e mescolata con tutti gli altri, non si riconosce la loro diversità.

Ed ecco che arriva la conferma da parte delle gerarchie ecclesiastiche che gestiscono queste strutture di assistenza: specie dopo il venti del mese, l’affluenza a questi punti di ristoro è costituita soprattutto da persone sole e pensionate, cioè persone che fino a qualche tempo addietro si sarebbero catalogate come “ceto medio”.

Ed eccoci alla conclusione del discorso: l’odierna civiltà votata alla globalizzazione, sta dividendo le popolazioni in due sole categorie: i ricchi e i derelitti; non c’è niente tra queste due classi, quello che c’era prima è stato spazzato via con brutalità e con violenza.

Pensate che la “soglia di povertà” è calcolata a circa 936 euro per una famiglia di due persone, e sotto questa soglia la Sicilia ha ben il 34% della popolazione (comunque sono dati da vedere con il microscopio dato il gran numero di lavoratori a nero), mentre la percentuale minore è in Emilia Romagna con il 2,5%.

Qui non basta meditare, dobbiamo inventarci qualcosa di più!!

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