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domenica, aprile 29, 2007

LA FRANZONI E BERLUSCONI 

Mi domanderete subito: ma che c’entra? Come si possono accostare due figure così dissimili tra loro come Anna Maria Franzoni e Silvio Berlusconi? Infatti, a ben guardare non c’entrano niente, non si accostano, solo uno dalle idee bislacche come me poteva cercare un qualcosa che le legasse insieme e questo qualcosa – ripeto, lontano anni luce uno dall’altro – sono i casi giudiziari che hanno avuto eco sulla stampa di ieri.

E allora diciamo subito che entrambi i nostri “personaggi” sono passati attraverso i giudici ed hanno subito una sentenza: per la Franzoni è stata negativa, in quanto è stata confermata in Corte d’Assise d’Appello la sua colpevolezza (anche se tutta una serie di “scamotti giuridici” le hanno quasi dimezzata la pena); per il Cavaliere, invece è stata positiva perché è stato assolto all’annoso processo SME.

Cominciamo dalla Franzoni e, se non abbiamo spazio per il Berlusca, lo lasceremo fuori, tanto prima o poi avremo occasione di riparlarne: di processi ne ha ancora diversi aperti; anzitutto diciamo che la sentenza del processo di Cogne è stata pronunciata da quella che viene definita “Giuria Popolare” e quindi in camera di consiglio si sono ritirati in nove: il Presidente, i due Giudici a latere ed i sei giurati popolari scelti da un computer (due uomini e quattro donne dell’età compresa tra i 35 e i 65 anni).

E qui facciamo un primo step: io non sono mai stato chiamato a far parte di una Giuria Popolare (solo una volta per l’elezione di una Miss, ma quella è un’altra cosa!!) e quindi il discorso che segue è puramente induttivo; o meglio, prende lo spunto da quello che tante volte abbiamo visto al cinema, con le giurie – composte tutte da persone comuni e senza l’ausilio di nessun giudice - che si accapigliano per trovare un verdetto comune da portare in aula: già, ma questo ci viene mostrato dalla cinematografia anglosassone (americana e inglese) perché sono quelli i paesi che hanno inventato questa forma di giustizia, mentre né la nostra né quella di altre nazioni “latine” ha mai fatto un film su questo argomento; come mai, mi chiedo?

Dunque, torniamo alla nostra giuria: dei nove che entrano in camera di consiglio, un terzo è composto da “professionisti della giustizia”: do per scontato che la discussione venga pilotata da loro – e mi sembra abbastanza logico – e che il necessario riepilogo processuale venga fatto da uno dei giudici; se così non è e se qualcuno ha contezza che il rituale è diverso, me lo faccia sapere ed io ne prenderò atto.

Ora, la domanda che mi pongo e vi pongo è questa: come possono i sei “popolari” incidere sull’andamento di una discussione condotta da tre “professionisti”? A mio modo di vedere non possono e si limitano ad assentire su quello che i tre giudici propongono loro ed a votare con le idee che gli vengono propinate dai “professionisti”.

Ovvio che non tutti e sei cadranno succubi dei marpioni della giustizia, ma basta che ci caschi la maggioranza: a proposito, sembra che il verdetto sia stato emesso non all’unanimità ma a maggioranza (voci di corridoio).

E passiamo al verdetto: viene confermata la colpevolezza ma viene quasi dimezzata la pena; anche in questo caso vorrei paragonare il rito nostrale a quello anglosassone: in quella giustizia, la giuria decide soltanto se l’imputato/a è colpevole o innocente, poi spetterà al giudice quantificare la pena; da noi invece, la giuria popolare si addentra nei meandri della procedura penale per concedere o negare attenuanti generiche o specifiche; ed anche in questo caso non c’è dubbio che i “professionisti” hanno vita facile a far prevalere la loro idea nei confronti di una insegnante, un commerciante, un impiegato di banca, ecc.

Mi sembra logico, non trovate??!!

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