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martedì, aprile 24, 2007

FUGA VERSO I CONFINI 

In questi ultimi tempi, una nutrita schiera di Comuni piccoli e medi (pensate: anche Cortina), fanno a gara ad abbandonare la propria Regione ed a fare il prescritto e scontato referendum per entrare a far parte di una delle cinque regioni a statuto speciale, appunto quelle situate ai confini.

Vediamo come stanno le cose: anzitutto diciamo che la Costituzione, all’articolo 116, stabilisce che vengano attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, alle seguenti cinque regioni: Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta; ecco perché affermo che la fuga è verso i confini, quelli del nord con le tre regioni ai piedi delle Alpi e quelli del Sud con le due isole più importanti.

Ma perché questa fuga verso i confini? Semplice questione di privilegi, concessi a quelle cinque regioni all’indomani della grande guerra per una serie di motivi, non ultimo il timore che le stesse potessero scegliere la secessione verso la Francia e l’Austria (per le tre regioni del Nord) e addirittura l’indipendenza per le due isole.

A quei tempi - siamo nel 1947 – lo stato cercò di tamponare questa fuga minacciata, concedendo ai cittadini di quelle zone degli autentici privilegi che, pur andando sotto il nome di autonomia, stanno ad indicare che sono liberi di fare quello che vogliono in tutta una serie di materie, non ultima quella che si riferisce agli stipendi dei burocrati.

La prima grossa anomalia è rappresentata dal gettito fiscale: partiamo da un assioma di base che ci farà comprendere meglio la problematica; tutte le Regioni a statuto speciale ricevono dallo Stato più di quanto versano; le altre regioni, chi più chi meno, lascia in mano all’Erario (differenza tra quanto paga e quanto riceve) somme che vanno dai 3.000 euro circa a contribuente (Veneto), ai quasi 5.000 di quelli laziali, mentre – tanto per fare un solo esempio – in Sardegna, ogni contribuente paga 1.800 euro e ne riceve 2.800, con un saldo attivo di 1.000 euro.

Ecco quindi spiegata la problematica della fuga verso i confini, come l’ho definita nel titolo; comunque, questi privilegi di carattere fiscale, sono accompagnati da altre “facilitazioni” che ci indurrebbero a considerare quelle regioni come dei veri paesi del bengodi; state a sentire: prendiamo l’esempio della Valle d’Aosta, nella quale esistono dei quantitativi di generi venduti in esenzione fiscale: sono gli oltre 16 milioni di Kg di benzina super, i 21 milione di quella senza piombo, i quasi 9 milione di gasolio, gli oltre 3 milione per lo zucchero e i 430.000 del caffè: tutte queste, ed altre che non enumero per brevità, sono delle quantità che, mi inducono a pensare, possano fare anche parte di un commercio parallelo con qualche persona abitante nei paraggi della regione.

Tutte queste regioni hanno poi un numero esagerato di dipendenti regionali (e nessuno può dire niente in base alla famosa “autonomia”) ed hanno anche il primato degli stipendi: un bidello di una scuola guadagna quanto un professore universitario di Torino, un dipendente regionale supera lo stipendio del Prefetto di un medio centro, mentre un consigliere regionale intasca oltre 12.000 euro ed ha diritto anche al portaborse; inoltre, tanto per chiudere, la Sicilia ha circa 100.000 precari che percepiscono oltre 500 euro al mese (quanto una pensione di oltre 6 milioni di italiani).

Ed ecco spiegato i motivi per i quali tanti Comuni anelano di andare a godere di questi privilegi; sapete la risposta del Governo? Invece di togliere questi privilegi che ormai sono antistorici e anacronistici, cerca di bloccare l’esodo attraverso un referendum “della regione nella quale si vuole andare” che approvi l’arrivo di questo nuovo comune. Ma mi faccia il piacere!!


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