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lunedì, aprile 30, 2007

E ORA PARLIAMO DI TELECOM 

Sembra giunta a conclusione la vicenda Telecom e – dopo le noto peripezie con A.T.&T. – pare che la cordata congiunta di Telefonica (spagnola) e di banche italiane abbia trovato la strada per acquisire l’Azienda: vediamo cosa è successo.

Anzitutto è bene chiarire che nel nostro sistema capitalistico, comprare Telecom non significa acquisire delle azioni con sopra stampigliato il nome dell’Azienda, ma mettere in moto la scoperta delle “scatole cinesi” e cioè: acquisire la quota di Pirelli in Olimpia e quindi il 100% di quest’ultima (compresi i debiti per quasi 3 miliardi di euro) che controlla il 18% di Telecom; un ulteriore 5,6% viene conferito da Generali e Mediobanca e il tutto confluisce in una nuova società – battezzata “Telco” – che si trova così a possedere complessivamente il 23,6% di Telecom.

Vediamo allora come sono suddivise le quote di questa nuova nata, la Telco: tra i partecipanti a questa cordata troviamo Telefonica (la compagnia spagnola similare alla nostra Telecom) che rappresenterà il 42,3% del capitale, Generali il 28,1%, Mediobanca il 10,6%, Intesa-Sanpaolo il 10,6% e i Benetton l’8,4%.

Fin qui tutto chiaro? Allora andiamo avanti e notiamo subito che in questa cordata esiste un solo socio “industriale” (cioè pratico del mestiere) mentre il resto della truppa – che ha la maggioranza – è costituito da strutture finanziarie o da investitori privati come i Benetton.

Una prima notazione s’impone immediatamente: le strutture finanziarie che detengono quasi il 58% del capitale e che hanno perciò diritto di nominare i vertici aziendali, non hanno però alcuna dimestichezza con il mondo delle telecomunicazioni, dove invece sguazza felicemente il socio spagnolo che nel suo paese fa già questo mestiere: andranno d’accordo oppure ci sarà da litigare? Vedremo!!

Per esempio, a proposito di litigi, come prima operazione – dopo la nomina dei vertici – c’è da compilare il cosiddetto “piano aziendale” nel quale si deve presentare alla borsa, al governo ed ai sindacati, la strategia per uscire dal tunnel dei debiti e per riprendere a fare utili; ovviamente per fare questo bisogna intendersene di strategie aziendali e qui viene utile la presenza del socio spagnolo, che però non ha la maggioranza e quindi non può decidere da solo.

Ovviamente, la nuova nata è costretta ad accogliere subito una accesa polemica: il Presidente delle Generali, Bernheim, ha rivelato che il super ministro dell’economia, Padoa Schioppa, lo ha pregato di intervenire nell’operazione Telecom per “salvare l’italianità dell’azienda”; al che l’interpellato ha risposto con un garibaldino “obbedisco”, anche se ha sorriso sotto i baffi pensando: “ma guarda la stranezza della vita: io francese che difendo l’italianità”.

Così sembra che sia nata tutta l’operazione e – a ben pensarci – non si discosta molto dalle richieste di aiuto che il Governatore di Bankitalia, Fazio, lanciava per mantenere l’italianità dell’Ambroveneto; come sia andata a finire ce lo ricordiamo bene tutti, soprattutto il povero Fazio.

Sulle dichiarazioni di Bernheim si sprecano le polemiche – ovviamente di carattere politico - nelle quali prevalgono gli attacchi al governo, accusato di avere operato con logiche politiche (aggiungerei: partitiche), senza minimamente pensare all’interesse dei consumatori e neppure a quello degli investitori italiani (quelli che hanno in mano in 76,4% delle azioni, ed ai lavoratori dell’azienda: non ci dimentichiamo che questa nuova holding controllerà solo il 23,6% di Telecom.


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