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giovedì, marzo 08, 2007

LA SANITA' TOSCANA NELLA BUFERA 

E’ bastato che il ministro della salute, la mascelluta Livia Turco, indicasse la sanità toscana ad esempio per l’intera nazione ed aggiungesse, rivolta all’assessore regionale “L’ho portato in giro per l’Italia come una Madonna Pellegrina”, che ne succedessero di tutti i colori; domanda: ma che la Turco porti sfiga??

Si è cominciato con il trapianto di tre organi espiantati da una paziente rivelatavi sieropositiva e che, nonostante le analisi confermassero l’infezione, l’elemento umano non si è accorto della situazione ed ha continuato imperterrito il trapianto: conclusione, dei tre pazienti che hanno subito l’intervento uno è già sieropositivo, mentre per gli altri non c’è ancora la conclamazione.

Adesso c’è la seconda bufera, nella quale abbiamo tutta una serie di persone coinvolte e che probabilmente hanno tutte fatto il loro dovere, ma la frittata c’è stata e grossa; ma andiamo con ordine: una giovane madre della provincia fiorentina, nella canonica ecografia del secondo mese di gravidanza (circa 8/9 settimane), si sente dire che “lo strumento non vede lo stomaco del feto, o meglio, quello che in gergo medico viene chiamato la bolla gastrica” e che pertanto potrebbe trattarsi di una malformazione dell’apparato digerente che prende il nome di atresia dell’esofago, una patologia abbastanza rara ma non rarissima (una su 3.000) che può essere risolta chirurgicamente.

Le successive ecografie mostrano lo stesso problema e, arrivati alla ventiduesima settimana (quasi sei mesi), l’ennesimo controllo mostra le medesime problematiche che, badate bene, potrebbero derivare da una impossibilità di lettura dello strumento e non da una patologia esistente; alla donna viene consigliata una risonanza magnetica, anche se – le viene detto – neppure quella le potrà dare la certezza della perfezione del nascituro (e chi può darla??).

La puerpera rifiuta e si consulta invece con uno psichiatra e, insieme a lui (presumibilmente) decide di abortire: la legge glielo consente e la stessa legge (la 194) precisa che se il feto è ancora vivo, deve essere fatto tutto il possibile per mantenerlo in vita (un solo commento: macabro!!).

E così avviene; l’aborto ha successo, ma il feto che viene estratto (circa mezzo chilo di peso), non solo è ancora vivo, ma non mostra alcuna malformazione allo stomaco; il nascituro viene messo in rianimazione, ma dopo 24 ore circa muore per collasso cardiocircolatorio dovuto allo stato prematuro del suo piccolo corpicino, appunto perfetto, ma non ancora finito di formare.

Nessuno, sui mezzi di comunicazione, accenna alle terribili scelte che ha dovuto prendere (o subire??) la madre ed al trauma che si è trovata a vivere quando ha “abortito un figlio perfettamente vitale”, con tutte le conseguenze psicologiche del caso; eppure le procedure sono state tutte eseguite alla lettera come pure i famosi “protocolli”, ma la povera donna che è rimasta stritolata dal terribile ingranaggio si è ritrovata a correre verso un destino infame, provocato, probabilmente, dalla non serena ed approfondita valutazione dei medici e, soprattutto, dello psicologo.

Per loro – medici e simili – probabilmente non sarà niente, dato che ne vedono morire tanti ogni giorno, ma a me un aborto su un figlio ancora vivo mi fa accapponare la pelle e immagino cosa avrà provocato alla madre ed agli altri parenti.

Non so cosa c’è che non va, ma qualcosa c’è di sicuro e questo qualcosa è decisamente diabolico, ma così diabolico che ognuno di noi – soltanto a parlarne – si sente le mani lorde di sangue.

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