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domenica, marzo 04, 2007

IL BULLISMO NELLA SCUOLA 

Ieri l’altro ho parlato delle istituzioni pubbliche nelle quali gli italiani ripongono maggiore fiducia; ed ho citato appunto la sanità che appare ai primi posti di questa speciale classifica, mentre l’altra che è ben piazzata è la “scuola pubblica”.

Ed anche con questa istituzione i mezzi di comunicazione di massa ci vanno pesanti, sia per stigmatizzare le attività sessuali nelle classi, riprese e messe in rete attraverso quei dannatissimi telefonini che fanno tutto e sia per il “bullismo”, termine che conoscevamo per averlo appreso dai militari o dai malavitosi; nel caso di ambiente scolastico,il cosiddetto “bullismo” è il tipico atteggiamento da bravaccio che varie volte è stato riscontrato nella nostra scuola.

È stato detto che questo bullismo discende direttamente dall’emergenza del vivere civile e del rispetto delle regole che riguarda il nostro paese e che riguarda tutti, scuola, genitori, famiglie, mass media, ecc; insomma il solito bla, bla..

L’episodio accaduto in una scuola di Bari è sintomatico di questo diffuso malessere: il padre di una studentessa, insieme al nonno e ad un amico, si sono recati dal Preside di questo Istituto per protestare dei voti troppo bassi ricevuti dalla giovanetta; il Preside si è rifiutato di riceverli ed è stato riempito di cazzotti e di pedate: ne avrà per dieci giorni.

È ovvio che il primo commento da fare è il seguente: il rispetto della legalità è il primo degli insegnamenti che i genitori devono dare ai loro figli; e fin qui ci siamo, se non che nella pratica, è vero l’esatto contrario.

A qualcuno dei miei lettori sarà capitato di assistere ad una partitella di giovanissimi in un campo di periferia, durante la quale gli incitamenti alla violenza da parte dei genitori (anche le madri non ci vanno leggere) che affollano gli spalti, sono delle autentiche istigazioni a delinquere.

Se poi i ragazzi nella scuola o nella pratica sportiva attuano questa violenza che hanno imparato a respirare direttamente nella loro casa, mi sembra fin troppo chiaro di chi sia la colpa.

Ed allora, mentre si cerca di “educare” i giovani a respingere qualsiasi tentativo di violenza, mi chiedo quale sia il modo per educare i loro genitori; essi infatti conoscono solo l’arte del “dare”, nel senso di concedere ai figli tutto quello che chiedono.

Perché deve essere chiaro che nessuna società è in grado di delegare completamente l’educazione dei giovani ad una scuola, pur ottima che sia, ma si dispone invece ad intraprendere una sorta di integrazione tra la famiglia – che dovrebbe avere la preminenza della fase attuativa – e la scuola, che invece dovrebbe maggiormente puntare ad una crescita di carattere culturale e conoscitiva; peraltro, entrambe queste fasi si dovrebbero portare dietro una assoluta indisponibilità a situazioni nelle quali la violenza la fa da padrona.

La mia impressione – che ho ribadito altre volte – è che per la maggior parte dei genitori, la scuola dovrebbe limitarsi a fare in modo che i loro ragazzi conseguano un diploma, con il massimo dei voti; insomma un vero e proprio “diplomificio” senza che a questo conseguimento faccia da contraltare un’apertura mentale e una educazione che contraddistinguono proprio la crescita dell’uomo.

E per finire, ricordiamoci che questi ragazzi sono la classe dirigente del paese in un futuro più o meno prossimo; un minimo di preoccupazione dovremo pur averlo.


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