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martedì, febbraio 06, 2007

TORNANDO INDIETRO DI OLTRE 20 ANNI 

Già, proprio di oltre 20 anni fa intendo parlare in questo post: debbo subito dire che l’idea me l’ha data il Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che – a proposito della riforma previdenziale – ha detto, testualmente: “Occorre uno sforzo di consapevolezza collettiva simile a quella della metà degli anni ’80 con la cancellazione della scala mobile, poi sottoposta a referendum, che portò il Paese a infrangere la rigida spirale dei prezzi e dei salari”.

Ecco, proprio questa “spirale prezzi/salari” tanto infamata da tutti all’epoca, mi ha riportato indietro nel tempo, ad un periodo nel quale – a mio modo di vedere – la classe lavoratrice subì il primo rovente scacco.

Un breve riepilogo di come stavano le cose e di quel che avvenne: negli anni ’70 venne siglato un accordo con i sindacati nel quale all’aumento ISTAT faceva seguito (entro tre mesi, mi pare) un analogo incremento stipendiale che, nella sostanza, portava la “potenzialità” delle paghe allo stesso livello di quello che erano prima dell’aumento verificatosi.

Mi spiego ancora meglio con un esempio: se un filone di pane costava 100 lire e con il mio stipendio (100mila lire) potevo comprare mille filoni di pane, nel momento in cui il citato bene di consumo arriva a costare 110 lire, devo avere il mio stipendio adeguato a tale aumento in modo che possa sempre acquistare la solita quantità di filoni di pane come prima dell’aumento; mi sembra chiaro!!

All’improvviso (metà anni ’80) venne la “moda” di criminalizzare questa scala mobile, imputandole tutti i mali del mondo e, in particolare, quello di “creare inflazione” (termine che venne coniato per l’occasione); pochissimi economisti si impegnarono nel dimostrare che un adeguamento “a posteriori” di una realtà stipendiale non può essere una “causa”, ma solo un “effetto” di un aumento precedente.

Non ci fu niente da fare, il governo di allora – con alla guida Craxi – emanò un decreto che aboliva la scala mobile ed il successivo referendum non riuscì a ribaltare la situazione parlamentare per effetto di una scarsa partecipazione dell’elettorato (ricorderete l’incitamento del leader socialista “Andate al mare!!).

In quel periodo dirigevo una emittente televisiva e in prima persona mi esposi sul versante contrario all’abolizione della scala mobile, tant’è vero che invitai vari economisti – o che si credevano tali – a dibattere con me sull’argomento oppure a spiegare dove e con quale meccanismo l’adeguamento dello stipendio ad un aumento già avvenuto potesse produrre inflazione: nessuno accettò il dibattito e neppure la “sfida” di spiegare al pubblico, con parole semplici e comprensibili da tutti, il presunto meccanismo “perverso”.

La classe imprenditoriale imbastì una potente campagna pubblicitaria – con metodi subdoli e a volte assai spregiudicati – per dimostrare che questa dannata scala mobile era la madre di tutti i nostri guai; operai e impiegati si sentirono colpevolizzare come se quei loro adeguamenti stipendiali producessero dei guai tremendi alla nostra già disastrata economia.

Solo dopo molti anni i sindacati hanno preso ad interrogarsi sull’impegno (scarso) profuso all’epoca per contrastare il provvedimento governativo, ma ormai era tardi; adesso vedo usare quasi le stesse parole e le stesse strategie per mettere mano alla riforma previdenziale e mi chiedo e vi chiedo di stare in guardia perché forse un altro pericolo incombe sulla classe lavoratrice più giovane.

Vigiliamo, gente, vigiliamo!!

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