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domenica, gennaio 28, 2007

RIMODULARE 

La nostra lingua – splendida e armoniosa per certi versi – ha una pessima caratteristica, quella di avere al suo interno un gran numero di parole che significano più di una cosa e che, quindi, possono essere utilizzate in modi assai diversi tra loro.

Il termine che mi interessa mettere “sotto inchiesta” è “RIMODULARE”, con particolare riferimento all’uso che ne viene fatto: prendiamo ad esempio la recente norma governativa che abolisce il costo della ricarica dei cellulari; ebbene, dopo avere applaudito all’iniziativa che elimina un odioso balzello, si deve ammettere – sia pure sottovoce – che le società che gestiscono la telefonia mobile, probabilmente si rifaranno sugli utenti con aumenti dei costi del traffico: non si dice però che gli scatti aumenteranno, ma con formula più morbida, si preannuncia che le tariffe saranno “rimodulate”.

Ma non è il solo caso, perché anche il canone TV – sia pure di pochi euro – è stato “rimodulato” e, a seguire avremo le addizionali comunali e regionali per IRPEF, IRAP, ICI, ecc.

Tutte queste imposte – alcune locali ed altre nazionali – subiranno un “rimodulamento” in relazione ai bisogni degli enti locali e dell’amministrazione statale e non un banale aumento per far fronte alle tante spese (o sprechi) di queste strutture pubbliche.

Volete un esempio di questa brutta abitudine? Vi racconto un fatto che è accaduto proprio a me ieri l’altro: il bollo della mia auto è passato da 220 a 273 euro, con un aumento di oltre il 20%; mi si dice che tale “rimodulazione” è dovuta al fatto che la mia auto è soltanto “Euro 1”, invece dell’”Euro 4” che adesso va di moda, e che se comprassi una di queste ultime pagherei meno, ma il problema è un altro e cioè chi mi da i soldi per cambiare la macchina? Gli 800 euro di ecoincentivo non sono affatto determinanti per farmi decidere (in accordo con il direttore della mia banca..) a cambiare l’auto e quindi mi ritrovo ad essere “rimodulato” ben, bene.

Se ci pensiamo bene, l’uso di termini che stanno ad una spanna dall’eufemismo, cioè dalla tipica figura retorica che può essere utilizzata in un modo o nell’altro, discende dalla forma di comunicazione più moderna, cioè dalla pubblicità, dove esiste una sorta di assioma per il quale ogni concetto deve essere espresso “in positivo”, cioè abolendo di fatto la negazione, sia essa diretta o indiretta.

Gli uffici stampa dei ministeri hanno fatto tesoro di questa strategia e l’hanno applicata alle comunicazioni politiche, in alcuni casi esasperandone la portata: prendete il caso dei ventilati aumenti delle imposte sulle rendite finanziarie: vedrete che se e quando avverranno non si userà il termine negativo di “aumento” ma quello di “armonizzare” tale tassazione con quella degli interessi bancari; sentite come tutto questo suona dolce mentre quando si usa il termine “aumento” l’asprezza del termine si risente per l’intero discorso.

Spero di essere stato chiaro nel mio dire; comunque ricordiamoci sempre l’allocuzione che recita: meditiamo, gente, meditiamo!


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