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domenica, gennaio 21, 2007

MANDATEMI IN ESILIO A PARIGI 

In questi giorni si legge sui giornali una cosa curiosa: “Per intervenuta prescrizione, Oreste Scalzone è libero e potrà tornare in Italia dopo il lungo esilio a Parigi”; Scalzone? Questo nome non mi è nuovo, ma non riesco a metterlo perfettamente a fuoco ed allora debbo documentarmi ed ecco il risultato.

Oreste Scalzone – classe 1947 – diventa, giovanissimo, protagonista del movimento studentesco; nel 1968, a 21 anni, è tra i protagonisti degli scontri a Valle Giulia, dove si combattono aspramente i militanti di estrema sinistra e la Polizia; trasferitosi a Milano, partecipa all’organizzazione dei “Comitati Comunisti”, emanazione di Potere Operaio, del quale era stato co-fondatore insieme a Franco Piperno e Toni Negri; contribuirà poi all’affermazione politica di “Autonomia Operaia”.

Viene arrestato nel 1979 con l’accusa di insurrezione armata contro i poteri dello Stato; scarcerato nel 1981 per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, si rifugia a Parigi (ecco l’esilio!!); nell’’83 arriva la condanna a 16 anni di carcere, poi ridotti a 9 nel 1987, ma Scalzone continua a vivere tranquillamente all’ombra della Tour Eiffel, sino ad imporsi come punto di riferimento dei rifugiati politici degli “anni di piombo”.

Adesso i giudici hanno accolto la richiesta presentata dal difensore di Scalzone e hanno dichiarato “l’estinzione dei reati contestati per intervenuta prescrizione”.

Confesso subito che non ho capito questa allocuzione adottata dalla magistratura per rimettere in libertà Scalzone, ma sono certo che dipende dalla mia ignoranza; però, voglio ripetere quello che ho detto tante volte in questi ed in altri miei scritti: la magistratura emette ogni sentenza “IN NOME DEL POPOLO ITALIANO” e quindi è tenuta a farsi almeno comprendere da questa entità astratta (per loro, ma concreta nella realtà) almeno nelle frasi che vengono adottate.

Ma lasciamo fare la forma ed andiamo avanti: poiché si parla di prescrizione, significa – a lume di naso - che qualcuno ha lasciato scadere dei termini e che pertanto tutto quanto costruito fino a quel momento è da buttare e, infatti, il condannato viene rimesso in libertà.

Allora, il “povero” Scalzone viene autorizzato a lasciare l’esilio parigino e rientrare in Italia – se lo vorrà – oppure andarsene da qualche altra parte; l’interessato ha già dichiarato: “farò il pendolare” e tutti i lavoratori che si alzano alle sei di mattina per recarsi in officina o in ufficio si sono sentiti ben rappresentati da un signore che in vita sua non ha mai fatto assolutamente niente e che adesso si accinge a concludere quest’ultima parte della sua vita (gliela auguro la più lunga possibile) facendo il “pendolare” tra Roma e Parigi.

Come mi sarebbe piaciuto fare altrettanto! Come mi piacerebbe aver fatto la sua stessa vita e continuare anche adesso! Forse potrei portargli la valigia, forse potrei occuparmi della “logistica”, cioè conoscere a menadito l’orario delle ferrovie e quello degli aerei per scegliere quale mezzo usare per ogni spostamento; insomma potrei rendermi utile in qualche modo.

Poi ci ripenso e capisco che non posso! Perché, mi chiederete? Ma perché io che sono quasi suo coetaneo, ho sempre lavorato nella mia vita e non posso smettere proprio adesso che sono in retta d’arrivo, così come LUI – che, ripeto, non ha mai fatto alcunché, salvo l’esiliato di professione – non può certo cominciare adesso a lavorare e…allora, signori miei non possiamo andare d’accordo, quindi lui faccia il pendolare ed io il lavoratore.

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