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giovedì, gennaio 25, 2007

LIBERALIZZAZIONI 

Proprio oggi, mentre scrivo questo post, il Governo ha riunito il Consiglio dei Ministro per discutere due questioni: il rifinanziamento della missione dei nostri soldati in Afganistan e l’esame del pacchetto Bersani sulle liberalizzazioni.

Della prima questione vorrei solo ricordare che i miei lettori più fedeli forse avranno letto il mio post di oltre un anno fa nel quale chiamavo in causa anche un “terzo incomodo” e cioè i produttori di oppio che infatti, in questi ultimi mesi, hanno aumentato di molto l‘ingerenza nella vicenda; ma lasciamo fare, caso mai ne riparliamo.

Passiamo invece alle liberalizzazioni e diciamo subito che ne abbiamo bisogno, e tanto, specie dopo che l’annuale rapporto “Index of economyc freedom” elaborato dalla Heritage Foundation di Washoington insieme al Wall Street Journal, ci colloca ad un inglorioso sessantesimo posto, ben distanti dai campioni del liberismo mondiale (Hong Kong, Singapore, Australia, Inghilterra e Irlanda) ed invece vicinissimi a stati come la Namibia, il Madagascar o il Belize.

Ed ecco alcune notazioni fatte dall’istituto di ricerca nei nostri confronti: “La spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo stato assistenziale”, oppure “il compito di garantire il rispetto delle normative pubbliche e delle sentenze giudiziarie viene ulteriormente ostacolato da un’amministrazione pubblica inefficiente”.

In queste prime due osservazioni, il rapporto statunitense punta il dito verso le enormi risorse che necessitano ad uno stato come il nostro proprio per la sua caratteristica di “assistenziale”; vediamo subito il significato di quest’ultimo termine: “relativo ad opere o ad attività di pubblica assistenza indirizzata verso chi ha bisogno”.

Quindi sembrerebbe che l’assistenza venga rivolta principalmente alla “macchina dello stato”, cioè a quella burocrazia (che non mi sembra “abbia bisogno”) che però vediamo nella seconda notazione, rappresentare una sorta di palla al piede anche della giustizia in quanto non in grado di gestire le sentenze con un minimo di efficienza.

Queste osservazioni dei paesi più liberisti nei nostri confronti non sono, per la verità, una novità degli ultimi anni, ma sono sempre state presentate alla nostra attenzione, senza peraltro che la stampa nazionale conferisse loro un qualche interesse; questa volta, con un esecutivo che ha tra i propri obiettivi, le liberalizzazioni ecco che i quotidiani danno una qualche visibilità alla ricerca.

Comunque sia, i tentativi fatti fino ad ora sono ben misera cosa: i farmaci da banco permessi anche nei supermercati, si sono rivelati – almeno per il momento – un flop clamoroso; l’altra operazione (quella con i taxisti) non ha dato benefici visibili in quanto la corporazione è fortissima e condiziona i Comuni, anche sotto l’aspetto partitico.

Il mondo delle imprese è alla finestra a vedere come andrà a finire questa vicenda e si dichiara interessato alle liberalizzazioni; mi sembrerebbe una vera stortura tale interesse, visto che il mondo capitalistico ha viaggiato fino ad ora sullo slogan: “intaschiamo gli utili e socializziamo le perdite” che è l’esatto opposto di qualsiasi concetto liberistico.

La classe politica attualmente al potere deve decidere se contentarsi del sessantesimo posto (ripeto: dietro la Namibia) oppure impostare un progetto collettivo, ampio ed articolato, che superi la logica dei veti incrociati; ne avrà la forza o continuerà a tirare a campare come hanno fatto tutti i governi del dopoguerra?


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