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domenica, gennaio 07, 2007

COMINCIANO I "SALDI" 

Tra le novità “vecchie” c’è la solita manfrina dei saldi che, immancabilmente dopo l’Epifania, fanno la loro comparsa creando addirittura delle lunghe file agli ingressi dei negozi di abbigliamento: la gente è convinta di risparmiare e soprattutto di fare “l’affare” e questo spinge tutti, giovani ed anziani, a precipitarsi nei negozi interessati.

Anche su questo evento che caratterizza tutti gli anni il “dopo feste”, ci sarebbero da fare alcune considerazioni e noi – implacabili come Zorro – ci proviamo a farle.

Prima considerazione: il dispositivo messo a punto dai Comuni prevede un complicato iter burocratico-organizzativo che prende le mosse dalla merce che viene presentata dai commercianti; sappiamo benissimo che una certa parte è rappresentata da fondi di magazzino, ma – proprio come specchietto per le allodole – alcuni oggetti sono, se non proprio recentissimi, almeno recenti.

Seconda considerazione: come devono essere preparate le vetrine dei negozi che aderiscono all’iniziativa dei saldi? Ogni oggetto esposto deve avere un cartellino che contenga il prezzo originale del prodotto, lo sconto al quale viene sottoposto e – per differenza – l’importo netto al quale viene venduto.

A questo punto si comprende benissimo che la cifra base è quella più importante, perché è da questa che si parte per poi ricavare – attraverso lo sconto – il netto a cui viene venduta la merce; mi chiedo e vi chiedo: chi è in grado di conoscere l’importo di partenza degli oggetti che interessano? Mi spiego meglio: una giacca da uomo, ha un cartellino che indica in 200 euro l’importo base, nel 30% lo sconto (60 euro) e in 140 euro la cifra che il cliente deve sborsare per avere il capo di vestiario.

Ebbene, chi è a conoscenza della veridicità dell’importo di partenza? Cioè, quei 200 euro di base sono veri oppure il capo veniva venduto qualche mese addietro a 150 euro? In questo caso si comprende benissimo che tutta la manfrina dello sconto è ridicola in quanto tra il prezzo di vendita di qualche tempo addietro e quello attuale c’è la miseria di 10 euro, uno sconto che il commesso può fare autonomamente senza che venga messa in piedi tutta la manfrina dei “saldi”.

È chiaro fino a qui? Allora andiamo avanti; non c’è nessuna normativa del commercio che imponga ai commercianti la percentuale dello sconto (20, 30 o 40%), quindi un povero disgraziato di cliente si deve sorbire delle massacranti girate tra un negozio e l’altro della sua città, per vedere chi sono coloro che applicano la percentuale di sconto più alta.

Ma anche questo è un parametro non definitivo circa la validità dell’offerta, in quanto si continua a utilizzare come cifra base un importo che il pubblico – nella stragrande maggioranza dei casi – non conosce; ed anche se la conoscesse, cioè se tre mesi fa si fosse trovato a passare di fronte a quella vetrina ed avesse visto la stessa giacca che ora viene prezzata a 200 euro, venduta all’epoca a 150 euro, cosa gli resterebbe da fare? Forse entrare nel negozio e protestare con il commerciante? Ma quest’ultimo avrebbe buon gioco nell’affermare che le giacche che lui aveva erano di due generi simili, ma diversi nella qualità e da questa diversità discende la differenza di prezzo.

Come si vede, le possibilità di imbattersi nella “fregatura” sono tante e di vario genere; ma la cosa che più ci dovrebbe far riflettere è il perché un commerciante si priverebbe dello sconto che adesso applica sulla sua merce: i motivi possono essere soltanto due e cioè o la merce è scadente, oppure il negoziante se la passa decisamente male; scegliete voi quale può essere la più frequente!!

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