sabato, dicembre 02, 2006
L'ALITALIA E IL SUO PRESIDENTE
E’ di ieri la notizia che il Consiglio dei Ministri – per tentare il salvataggio di Alitalia – ha deciso di mettere sul mercato una fetta della sua partecipazione (circa il 20%) facendo così scendere la sua quota di controllo a meno del 30%.
Tutti, o quasi, si stanno riempiendo la bocca con la parola “privatizzazione”, ma in questo caso lo Stato sta liberandosi di un peso e – sia chiaro – che coloro che prendono in mano questa compagnia aerea, a meno di grosse modifiche strutturali, si ritrovano un bel bubbone.
Con la spocchia tipica degli ex ricchi, abbiamo subito cominciato a discettare sui futuri alleati di Alitalia: li preferiamo “italiani”, li vorremmo anche ricchi e, come se non bastasse, preferiremmo una struttura che già facesse parte del mondo aeronautico: come se fosse facile trovare uno che risponda a tutti questi requisiti!!
È stato subito dichiarato che la diminuzione della quota statale dal capitale della compagnia aerea, non avrà – almeno per il momento – ripercussioni sui vertici della società, anche se molti ministri ed esponenti politici puntano il dito sull’operato dell’attuale governance: “dobbiamo chiedere un risarcimento danni a Cimoli”, ha tuonato Pecoraro Scanio.
Consiglio subito i miei lettori di non preoccuparsi per il futuro dell’attuale Presidente di Alitalia, perché – come tutti i furbi – è in una botte di ferro: da poco ha avuto un aumento di stipendio che lo porta a livello di 190.000 euro mensili (quasi quattrocento milioni del vecchio conio) e, qualora le cose andassero in un certo modo ed il Consiglio di Amministrazione lo costringesse a dimettersi, se ne andrebbe insieme ad una “buona uscita” di 8 milioni di euro (quasi 16 miliardi di lire), da notare che lo stesso Cimoli era stato “strappato” alle Ferrovie nel 2004 e, in tale operazione aveva ricevuto un’altra “buona uscita” di 6 milioni e 700 mila euro.
Amici carissimi, questi sono soldi veri e non discorsi! Pensate che quando venne portato a galla lo “scandalo” di queste cifre corrisposte ai manager pubblici, dal governo venne risposto che “se volevamo i migliori dirigenti, bisognava pagarli”; ed infatti li abbiamo pagati, ma non mi sembra che abbiamo preso i migliori, perché il personaggio in questione – Cimoli – è venuto via dalla Ferrovie dopo avere fatto danni ed è approdato in Alitalia per combinare almeno altrettanti danni. Se questi sono i migliori, forse converrebbe cambiare parametro!!
Ma a dilapidare i nostri soldi, il prode Cimoli non è solo, bensì in degna compagnia: Elio Catania, assunto nel 2004 per risanare le Ferrovie, non solo non c’è riuscito, facendo lievitare il deficit fino a 1.6 miliardi di euro, ma ha aggravato il debito dell’azienda da lui diretta con una buona uscita di circa 5 milioni di euro (dieci miliardi o giù di lì).
Notare che queste cifre – sia per gli stipendi che per le liquidazioni – sono da un minimo di tre volte ad un massimo di sei, rispetto ai concorrenti europei di Compagnie Aeree e di Ferrovie.
Sembra che la Procura della Repubblica di Roma abbia aperto un fascicolo su queste retribuzioni “vergognose”, ma l’incartamento non ha una “ipotesi di reato”, in quanto non c’è legge che vieti di dilapidare i soldi pubblici; magari ci sarebbe da chiamare in causa i supervisori del Ministero del Tesoro che – come minimo – non hanno avuto un minimo di oculatezza nella trattativa con questi signori top manager, ma si sa “la colpa morì fanciulla”.
Tutti, o quasi, si stanno riempiendo la bocca con la parola “privatizzazione”, ma in questo caso lo Stato sta liberandosi di un peso e – sia chiaro – che coloro che prendono in mano questa compagnia aerea, a meno di grosse modifiche strutturali, si ritrovano un bel bubbone.
Con la spocchia tipica degli ex ricchi, abbiamo subito cominciato a discettare sui futuri alleati di Alitalia: li preferiamo “italiani”, li vorremmo anche ricchi e, come se non bastasse, preferiremmo una struttura che già facesse parte del mondo aeronautico: come se fosse facile trovare uno che risponda a tutti questi requisiti!!
È stato subito dichiarato che la diminuzione della quota statale dal capitale della compagnia aerea, non avrà – almeno per il momento – ripercussioni sui vertici della società, anche se molti ministri ed esponenti politici puntano il dito sull’operato dell’attuale governance: “dobbiamo chiedere un risarcimento danni a Cimoli”, ha tuonato Pecoraro Scanio.
Consiglio subito i miei lettori di non preoccuparsi per il futuro dell’attuale Presidente di Alitalia, perché – come tutti i furbi – è in una botte di ferro: da poco ha avuto un aumento di stipendio che lo porta a livello di 190.000 euro mensili (quasi quattrocento milioni del vecchio conio) e, qualora le cose andassero in un certo modo ed il Consiglio di Amministrazione lo costringesse a dimettersi, se ne andrebbe insieme ad una “buona uscita” di 8 milioni di euro (quasi 16 miliardi di lire), da notare che lo stesso Cimoli era stato “strappato” alle Ferrovie nel 2004 e, in tale operazione aveva ricevuto un’altra “buona uscita” di 6 milioni e 700 mila euro.
Amici carissimi, questi sono soldi veri e non discorsi! Pensate che quando venne portato a galla lo “scandalo” di queste cifre corrisposte ai manager pubblici, dal governo venne risposto che “se volevamo i migliori dirigenti, bisognava pagarli”; ed infatti li abbiamo pagati, ma non mi sembra che abbiamo preso i migliori, perché il personaggio in questione – Cimoli – è venuto via dalla Ferrovie dopo avere fatto danni ed è approdato in Alitalia per combinare almeno altrettanti danni. Se questi sono i migliori, forse converrebbe cambiare parametro!!
Ma a dilapidare i nostri soldi, il prode Cimoli non è solo, bensì in degna compagnia: Elio Catania, assunto nel 2004 per risanare le Ferrovie, non solo non c’è riuscito, facendo lievitare il deficit fino a 1.6 miliardi di euro, ma ha aggravato il debito dell’azienda da lui diretta con una buona uscita di circa 5 milioni di euro (dieci miliardi o giù di lì).
Notare che queste cifre – sia per gli stipendi che per le liquidazioni – sono da un minimo di tre volte ad un massimo di sei, rispetto ai concorrenti europei di Compagnie Aeree e di Ferrovie.
Sembra che la Procura della Repubblica di Roma abbia aperto un fascicolo su queste retribuzioni “vergognose”, ma l’incartamento non ha una “ipotesi di reato”, in quanto non c’è legge che vieti di dilapidare i soldi pubblici; magari ci sarebbe da chiamare in causa i supervisori del Ministero del Tesoro che – come minimo – non hanno avuto un minimo di oculatezza nella trattativa con questi signori top manager, ma si sa “la colpa morì fanciulla”.