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martedì, dicembre 12, 2006

I FISCHI ALLA POLITICA 

Hanno cominciato a Mirafiori a fischiare i Sindacati (longa mano della politica di sinistra), siamo poi passati ai giovani di Bologna che hanno inveito villanamente contro il Presidente del Consiglio; potremmo poi citare tutti i cortei delle varie categorie di lavoratori che sono scesi in piazza per manifestare contro la politica che non li ascolta e li spreme sempre di più: ne sono esempio i cortei di insegnanti, quelli di poliziotti, e di autoferrotranviari, e si potrebbe continuare.
I politici, per lo più, hanno alzato le spalle trincerandosi dietro l’impossibilità di fare meglio oppure usando la scusante che queste manifestazioni sono organizzate dall’opposizione all’attuale governo; solo alcuni politici più avveduti (Fassino ne è un raro esempio) richiamano i colleghi ad una maggiore conoscenza della gente che sono chiamati a guidare e della loro esistenza.
Infatti, in mezzo ai vari scandali e scaldaletti che rubano le prime pagine dei giornali, ci siamo dimenticati di quella che una volta si chiamava “classe lavoratrice” ed era rappresentata da tutti coloro che si alzano presto la mattina, usano mezzi di trasporto scalcagnati e si recano al lavoro per guadagnare uno stipendio che basta a malapena a sfamare la famiglia (ricordiamoci il grido di un operaio di Mirafiori al sindacalista che cercava di spiegare la finanziaria “prova tu a mandare avanti la famiglia con mille euro al mese!!”).
E lo stesso lavoratore che sbarca a malapena il lunario si deve poi sentire un “privilegiato” perché non fa parte del precariato imperante e dilagante e quindi, in un certo senso, acquisire quello che in psicologia si chiama “frustrazione da comparazione”.
E, sempre lo stesso lavoratore, tira su un ragazzo o una ragazza che sa benissimo essere destinati a sognare di fare il calciatore (se maschio) o la velina televisiva (se femmina) e che invece finiranno in uno dei tanti “call center” oppure faranno parte di quel limbo che è l’esercito dei “co.co.pro.”.
Ed i partiti, anche quelli che, per definizione e per schiere di votanti, dovrebbero avere come obiettivo quello di aiutare i più deboli, preferiscono parlare d’altro, affrontare problemi che alla gente comune interessano soltanto specularmene – tipo i “PACS” ed altre amenità del genere – invece di rivolgere la loro attenzione ai problemi reali della gente, a quelli veri, a quelli di tutti i giorni. Caso mai non si fosse capito, sto alludendo ai partiti dell’estrema sinistra che, per loro fortuna, sono al governo.
Diceva Lenin che per fare una rivoluzione – e avere buone probabilità di vincerla – occorrono due elementi: una situazione oggettivamente rivoluzionaria ed un partito autenticamente rivoluzionario, cioè un partito che metta la rivoluzione tra i suoi obiettivi.
Ebbene – sempre a mio modo di vedere – siamo molto vicini ad avere una situazione oggettivamente rivoluzionaria, ma siamo ben lontani dall’avere un partito che aneli la rivoluzione; magari aspira ad un sottosegretariato in più, magari cerca di ottenere una maggiore visibilità in vista delle prossime elezioni europee, ma per quanto riguarda la rivoluzione….beh, è meglio lasciar perdere.

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