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sabato, novembre 11, 2006

UCCIDIAMO I NEONATI MALFORMATI 

La notizia che sto per raccontarvi l’ho letta un paio di volte perché ero convinto di avere capito male; ascoltate un po’: la fonte è il “Royal College of Obstetricians and Gynaecologicsts” di Londra che ha tirato fuori un paio di affermazioni che non possono non lasciare perplessi.
La prima si riferisce ai bambini nati malformato e che fino a qualche anno fa sarebbero morti, mentre adesso i progressi della medicina consente di tenerli in vita, sia pure a livello di larve e con danni fisici e psicologici gravissimi; ebbene, gli illustri ginecologi inglesi suggeriscono una “eutanasia attiva che potrebbe essere la soluzione alle atroci sofferenze dei piccoli ed agli alti costi economici per le loro famiglie”.
Ebbene, la parola eutanasia – per me, ovviamente – ha un senso soltanto se a pronunciarla è colui che deve subirla e non altri; in questo caso le motivazioni sono duplici: da una parte non far soffrire i piccoli (cosa conosciamo di questi dolori?) e, da ultimo - ma per me la più importante – alleviare gli alti costi delle famiglie.
Ed allora mi chiedo: lo stato cosa c’è a fare? Perché non interviene a supplire i genitori nei costi per la gestione di questi piccoli malformati? E poi i signori scienziati si mettono a fare discorsi circa l’utilità di risparmiare delle risorse in sede curativa, dopo avere spostato la vita media dell’individuo a numeri che si stanno avvicinando alle tre cifre? Vi ricordate la mia definizione “questa civiltà medica non ci consente di morire ma neppure di vivere”, alludendo alla qualità della vita che ci viene riservata?
Ma la cosa che mi ha lasciato ancora più allibito è la seguente affermazione, sempre proveniente dagli stessi ambienti; essa è la seguente: “se l’intervento deliberato per uccidere i neonati fosse possibile, si potrebbe anche prevenire alcuni casi di aborto tardivo, perché i genitori sarebbero più fiduciosi nel correre il rischio di continuare la gravidanza”.
E qui amici miei credo che si sia toccato il fondo; in concreto si dice che se fosse possibile “uccidere” il nascituro che non ci piace (perché venuto male) si potrebbero risparmiare tanti interventi abortivi, in quanto i genitori – che già conoscono in precedenza le alte possibilità di malformazione – ci starebbero a non intervenire durante la gravidanza perché tanto il bambino potrà essere rifiutato (e ucciso) subito dopo la nascita.
In una medicina come quella attuale, nella quale la morte viene rimandata fino a quando è possibile rimandarla e avviene soltanto per esaurimento di ogni cura, si aprono dei dibattiti di questo genere che mi sembrano – al di là di ogni considerazione di carattere etico – in netta controtendenza con quello che è lo spirito attuale delle cure mediche?
Comunque mi sto ancora lambiccando il cervello per capire quale possa essere la motivazione sottostante a queste affermazioni; se escludiamo la pietà per i feti malformati, ci restano soltanto valenze puramente economiche e ipotesi del tipo: se questi “problemi” li facciamo fuori immediatamente, non ci sarà bisogno di affrontarli nel corso della vita del malformato; hai capito lo scienziato!
Ma qualcuno si ricorda di Sparta e della pratica del lancio dalla rupe dei bimbi non ritenuti abili a combattere??

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