sabato, settembre 23, 2006
INTERCETTAZIONI NELLA BUFERA
Sono pochi giorni che è scoppiato lo scandalo delle intercettazioni telefoniche “telecom” e già la politica – quella con la “p” maiuscola – si è messa in moto per bloccare la pubblicazione sulla stampa delle trascrizioni delle quali neppure si conosce l’entità e la pericolosità; potremmo definirle come un intrusione nella vita altrui, fatto a scopo di lucro, cioè di ricatto (diretto o indiretto).
Però, spero che converrete con me quando affermo che analogo trattamento avrebbe dovuto essere riservato a tutto quell’ìmmondezzaio che scaturì alcuni mesi or sono, dalle intercettazioni del mondo del calcio e dalle quali – sia detto per inciso – non è venuto fuori alcun reato punibile sul piano penale, ma soltanto delle “mancanze di lealtà sportiva”, come si legge dalle sentenze dei giudici sportivi.
Come mai, queste nuove intercettazioni hanno avuto l’onore di una convocazione straordinaria del Consiglio dei Ministri per il varo di un Decreto Legge urgente, mentre quelle di “calciopoli” sono state pubblicate su tutti i giornali – sportivi e non – senza che ci fosse una qualsiasi autorità a proibirlo? E ce n’erano di quelle che non avevano nessun risvolto calcistico e neppure penale, tipo quella del figlio di Moggi che racconta di una sua scappatella con una bella giornalista!
Mi direte: quelle su Moggi e compagni erano ordinate dalla Magistratura, mentre quelle “telecom” sono di carattere privato, cioè messe in piedi da persone che pensavano a ricatti – per soldi o per potere politico – a fronte di marachelle scoperte al telefono.
Sinceramente non ci trovo tanta differenza, poiché entrambe sono state organizzate “prima” di conoscere un fatto o un reato e con queste cercare di provarlo; insomma, individuare da queste intercettazioni un qualsiasi reato e, solo dopo, agire di conseguenza.
Il problema, credete a me, è che quando “la politica” ha appreso di essere stata intercettata (alcuni nomi sono stati appena sussurrati), è subentrato una sorta di panico e si è corsi ai ripari con una rapidità degna di migliore causa.
Un’altra cosa: anche adesso, i colpevoli sono i giornali che pubblicano la spazzatura, non chi gliela fornisce, cioè magistrati compiacenti o alcuni addetti di cancelleria esperti nella fotocopiatura degli atti.
E qui sono ancora in dissenso, perché se c’è un colpevole in tutto questo sputtanamento questi è sicuramente colui che permette la fuoruscita delle carte, anzi le consegna direttamente al proprio referente tra la stampa e non il Direttore o l’Editore del giornale che pubblica queste cose, perché – da che mondo è mondo – il giornalista deve fare il proprio mestiere e riferire alla gente tutto quello di cui viene a conoscenza.
Qualcuno mi ha obbiettato, in passato, che un’altra fonte per la stampa può essere la categoria degli avvocati, in quanto i magistrati debbono – per legge – consegnare copia degli atti che fanno parte dell’accusa; ma quale accusa, se in tutta la vicenda “calciopoli” non c’è un iscritto nel registro degli indagati; ma voglio aggiungere di più: che interesse potrebbe avere l’avvocato difensore a divulgare le malefatte del suo assistito?
No, cari amici, hanno voglia di dire, ma la verità è che siamo in presenza dell’ennesimo provvedimento che il nostro Parlamento si accinge a prendere – all’unanimità, in quanto sono tutti d’accordo – per salvaguardare se stesso, tutto se stesso, perché non si sa a chi può toccare e quindi è meglio chiudere la bocca a tutti, a beneficio di tutti.
Però, spero che converrete con me quando affermo che analogo trattamento avrebbe dovuto essere riservato a tutto quell’ìmmondezzaio che scaturì alcuni mesi or sono, dalle intercettazioni del mondo del calcio e dalle quali – sia detto per inciso – non è venuto fuori alcun reato punibile sul piano penale, ma soltanto delle “mancanze di lealtà sportiva”, come si legge dalle sentenze dei giudici sportivi.
Come mai, queste nuove intercettazioni hanno avuto l’onore di una convocazione straordinaria del Consiglio dei Ministri per il varo di un Decreto Legge urgente, mentre quelle di “calciopoli” sono state pubblicate su tutti i giornali – sportivi e non – senza che ci fosse una qualsiasi autorità a proibirlo? E ce n’erano di quelle che non avevano nessun risvolto calcistico e neppure penale, tipo quella del figlio di Moggi che racconta di una sua scappatella con una bella giornalista!
Mi direte: quelle su Moggi e compagni erano ordinate dalla Magistratura, mentre quelle “telecom” sono di carattere privato, cioè messe in piedi da persone che pensavano a ricatti – per soldi o per potere politico – a fronte di marachelle scoperte al telefono.
Sinceramente non ci trovo tanta differenza, poiché entrambe sono state organizzate “prima” di conoscere un fatto o un reato e con queste cercare di provarlo; insomma, individuare da queste intercettazioni un qualsiasi reato e, solo dopo, agire di conseguenza.
Il problema, credete a me, è che quando “la politica” ha appreso di essere stata intercettata (alcuni nomi sono stati appena sussurrati), è subentrato una sorta di panico e si è corsi ai ripari con una rapidità degna di migliore causa.
Un’altra cosa: anche adesso, i colpevoli sono i giornali che pubblicano la spazzatura, non chi gliela fornisce, cioè magistrati compiacenti o alcuni addetti di cancelleria esperti nella fotocopiatura degli atti.
E qui sono ancora in dissenso, perché se c’è un colpevole in tutto questo sputtanamento questi è sicuramente colui che permette la fuoruscita delle carte, anzi le consegna direttamente al proprio referente tra la stampa e non il Direttore o l’Editore del giornale che pubblica queste cose, perché – da che mondo è mondo – il giornalista deve fare il proprio mestiere e riferire alla gente tutto quello di cui viene a conoscenza.
Qualcuno mi ha obbiettato, in passato, che un’altra fonte per la stampa può essere la categoria degli avvocati, in quanto i magistrati debbono – per legge – consegnare copia degli atti che fanno parte dell’accusa; ma quale accusa, se in tutta la vicenda “calciopoli” non c’è un iscritto nel registro degli indagati; ma voglio aggiungere di più: che interesse potrebbe avere l’avvocato difensore a divulgare le malefatte del suo assistito?
No, cari amici, hanno voglia di dire, ma la verità è che siamo in presenza dell’ennesimo provvedimento che il nostro Parlamento si accinge a prendere – all’unanimità, in quanto sono tutti d’accordo – per salvaguardare se stesso, tutto se stesso, perché non si sa a chi può toccare e quindi è meglio chiudere la bocca a tutti, a beneficio di tutti.