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mercoledì, agosto 16, 2006

UN PAIO DI COSE CURIOSE PER FERRAGOSTO 

Dalla lettura della stampa di questi giorni ferragostani, mi hanno colpito un paio di fatti: il primo riguarda le chiusure di Bar, Ristoranti e negozi vari e il secondo si riferisce all’esodo delle auto verso i luoghi di villeggiatura e alcune considerazioni circa le “possibilità” degli italiani.
Cominciamo con ordine: le chiusure degli esercizi pubblici hanno fatto registrare alcune distonie che mi sembra interessante (e curioso) esaminare; in Sardegna (ma in questo caso la responsabilità non è soltanto di Soru), il Consiglio Regionale, nel maggio scorso, ha emanato una disposizione che “impone” la chiusura nel periodo di ferragosto: ovviamente i commercianti si sono scatenati contro questa disposizione che, sembra, sia stata voluta dai sindacati.
In contrapposizione a questa normativa, il Comune di Firenze ne ha ordinata una che sancisce l’obbligo per Bar e Ristoranti, di assicurare l’apertura almeno del 25% degli esercizi, cioè uno su quattro.
Come si vede, c’è chi dispone coattivamente le chiusure degli esercizi e, di contro, c’è chi obbliga a tenere aperto; volete sapere come andrà a finire? Sicuramente in entrambe le situazioni i commercianti – in barba alle direttive, ma fedeli alle norme sulla liberalizzazione – faranno come vogliono e mentre i sardi apriranno i loro negozi per continuare a mungere la gran massa di turisti, quelli fiorentini sono già in ferie dalla prima decade di agosto e rientreranno a fine mese (alla faccia dell’assessore).
Il secondo fatterello che mi ha colpito è la considerazione che qualche bel tipo (giornalista, ovviamente) ha fatto di fronte alle immagini televisive che, come è consuetudine ormai inveterata, mostravano le lunghe code in autostrada di auto con persone che si recavano in vacanza; e poi giù con i numeri: quindici milioni le persone che si permettono una vacanza e – correlati con un bel salto mortale – quindici milioni gli italiani che, secondo l’ISTAT, vivono al di sotto della soglia di povertà.
E qui scatta la domanda (con la risposta): come fa tutta questa massa di persone a permettersi di andare in vacanza? Semplice, se lo può permettere con il ”nero” che viene fatto da artigiani e commercianti!
Ma il giornalista non si ferma a questa considerazione che definire azzardata mi sembra poco; va oltre e afferma, con la sicumera dell’uomo che sa tutto, che a questo punto occorre l’instaurazione di una sorta di Polizia fiscale che si metta sulle tracce degli evasori e li smascheri.
Vorrei fare un solo commento: che in Italia ci sia svariate partite in “nero”, cioè con evasione totale dalle tasse, può essere anche vero, ma da qui a sognare una situazione di repressione fiscale portata ad un tale parossismo, mi sembra di cadere dalla padella nella brace.
D’altra parte vorrei concludere con una affermazione di Luigi Einaudi, vecchio liberale (lui lo era davvero), che in materia fiscale osava affermare che il cittadino che non paga le tasse è costretto a farlo da uno Stato che si pone in posizione vessatoria sia come aliquote e sia come distribuzione dei carichi fiscali; aggiungeva anche una cosa curiosa: chi non paga le tasse, accantoni una parte del dovuto, perché se lo Stato muta atteggiamento, il contribuente è ormai abituato a non pagare e quindi troverebbe arduo mutare abitudine.
Chissà cosa direbbe se ci fosse adesso??

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