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mercoledì, luglio 26, 2006

L'ALBERGO E LA GALERA 

Perché accostare il concetto di Albergo con quello di galera? E’ un po’ tirata per i capelli – come sono di solito le mie idee sconclusionate – ma il nesso c’è e adesso ve lo spiego.
Adesso ci sono sotto la lente dei “media” due argomenti principali: la sentenza di appello per le malefatte calcistiche e tutti i problemi che scaturiscono dalla guerra tra Israele e gli hezbollah libanesi; ebbene, entrambe queste vicende avvengono con un comune denominatore che è rappresentato da un notissimo albergo romano, il Parco dei Fiori, dove è insediata la giuria che deve decidere sulle pene da comminare a squadre, dirigenti e arbitri e, poco più sopra, c’è un intero piano prenotato da Condoleezza Rice per la delegazione americana che parteciperà al summit romano insieme ad altri paesi europei e mediorientali per tentare un cessate il fuoco sul fronte libanese.
Ora qualcuno dirà: ma cosa c’entrano le due vicende? Niente infatti, se non la grande notorietà che entrambe ricevono dall’influsso mediatico e dal poco che ci hanno fatto capire a noi comuni mortali.
E la galera, di cui alla seconda parte del titolo che c’azzecca? E’ un altro argomento privilegiato dai media che – insieme ai politici – speculano sulle difficoltà della povera gente e, anzi, ci sguazzano: mi riferisco infatti al provvedimento di indulto (cioè riduzione della pena ma non cancellazione) che è stato promosso dal Ministro della Giustizia Clemente Mastella e che è adesso in votazione alla Camera dei Deputati.
Uno dei ministri dell’attuale governo, Antonio Di Pietro, è in disaccordo col provvedimento, specie per la tipologia dei reati sottoposti a indulto, cioè l’inclusione di reati finanziari di corruzione e concussione.
Il problema però, e questo Di Pietro dovrebbe saperlo bene, è che il decreto deve essere approvato con una “maggioranza qualificata” (cioè 2/3 del Parlamento) e per raccattare i voti anche dell’opposizione, il governo si deve barcamenare nei vari tentativi di salvataggio di personaggi più o meno illustri (Previti, le Coop, quelli di Parmalat, Ricucci e compagnia bella); quindi, caro Tonino, turiamoci il naso e non ne parliamo più.
Piuttosto, durante il dibattimento alla Camera sul provvedimento, ne ho sentita una deliziosa: un deputato – di cui non sono riuscito a cogliere il nome – ha dichiarato che in molte carceri italiani non è prevista la presenza fissa di un medico, ma solo di una infermeria che, alla bisogna, viene integrata da un dottore esterno; ebbene, questa è la motivazione per la quale l’onorevole si dichiarava favorevole all’indulto.
Ora, io mi chiedo: questo provvedimento serve unicamente a sfoltire un po’ la popolazione carceraria, ma sotto il profilo della moralità è un altro “condono”, di un altro genere, ma molto simile a quelli tanto vituperati in passato.
Allora mi chiedo: c’è nessuno che abbia investigato sul motivo per il quale c’è una così alta percentuale di detenuti in attesa di giudizio che ingolfano le strutture carcerarie? Forse se si riuscisse a snellire la burocrazia giuridica e a fare lavorare un po’ di più i signori magistrati, si riuscirebbe ad ottenere una sorta di quadratura del cerchio e le carceri comincerebbero a sfoltirsi.
A proposito: il medico fisso in ogni carcere deve esserci obbligatoriamente, indulto o non indulto, perché non è la quantità che deve essere curata, ma ciascun detenuto, quindi, la presenza del medico deve essere considerata un diritto del detenuto e non un “regalo dello Stato”, come mi sembra di capire che avvenga adesso .

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