venerdì, luglio 28, 2006
INTITOLIAMO L'OLIMPICO A MOGGI
La proposta è stata fatta da quella sagomaccia di Roberto Benigni durante uno dei suoi spettacoli centrati sulla lettura della Divina Commedia; per Benigni è solo una battuta per suscitare le risate del suo pubblico, ma per noi è una frase che fa riflettere.
E allora, se dobbiamo riflettere, facciamolo e con una certa serietà, anche se l’argomento non mi spingerebbe a farlo (diceva Stajano “la situazione è drammatica ma non seria”); dunque rifacciamoci ad una dichiarazione della Ministra Melandri, bellina, molto tipo ochetta, un po’ sullo stile “velina non più giovanissima”, che afferma con la sicumera degli ignoranti che quello andato in onda nell’estate 2006 è “il più grande scandalo del calcio italiano”; ma quando mai! Ma chi glielo ha detto! Ma se dopo quintali di intercettazioni telefoniche e due gradi di giudizio sportivo, non si è riusciti a trovare uno straccio di prova circa le tante partite truccate e i giudici si sono dovuti accontentare di condanne a squadre e dirigenti emesse soltanto per “mancata lealtà sportiva”?
Infatti, dalle intercettazioni si apprende che la partita “A contro B” verrà condizionata a favore di B per mezzo dell’arbitro “tizio”: ebbene il risultato processuale è che sia i commissari di campo che l'arbitro smentiscono il teorema e quindi il presunto illecito resta al palo; rimane la condotta antisportiva per “avere parlato di fare l’inciucio” e questo, secondo la giustizia sportiva è sinonimo di mancanza di lealtà.
Quindi, le condanne sono state tutte ridimensionate, ma le squadre e i dirigenti non si accontentano e – vista l’assenza totale di prove concrete per i presunti illeciti – sperano di ottenere ancora altri sconti di pena.
D’altro canto, già in occasione del giudizio di primo grado si avvertiva qualche grosso errore di impostazione; infatti se Moggi e Giraudo erano descritti come gli incontrastati mestatori che facevano e disfacevano nel mondo del pallone, con quali strumenti potevano aggiustare le partite interessate se gli arbitri sono stati tutti pienamente assolti, ad esclusione di De Santis e di Pasparesta, quest’ultimo condannato a pochi mesi soltanto per omessa denuncia?
Cioè, tutti gli illeciti di cui si parla nelle varie intercettazioni da chi sarebbero stati perpetrati se non per mezzo di arbitri corrotti? Ma se poi si assolve con formula piena tutti i direttori di gara – meno uno - viene a mancare “l’arma del delitto” e, conseguentemente, il delitto stesso.
Perciò, cara Ministra Melandri, a guardare le sentenze siamo ben lontani da uno scandalo epocale, tipo – tanto per intenderci – quello che vide coinvolti svariati giocatori di primissimo piano nel calcio scommesse; il dubbio che resta adesso è se hanno ragione le carte processuali oppure ha ragione la “vox populi” che invece continua ad affermare che il calcio è fortemente inquinato e che esiste una corruttela spalmata ampiamente su quasi tutta l’attività calcistica.
Ci sarebbe poi una battuta conclusiva: i tifosi juventini si sono scatenati non contro la giustizia sportiva, bensì contro i propri dirigenti, rei – a loro dire – di non avere fatto tutto il possibile per difendere la squadra; il ragionamento che fanno i tifosi è il seguente: “se ancora prima della sentenza smantelli la squadra vendendo i pezzi più pregiati, induci la giustizia sportiva a ritenerti reo confesso ancora prima di sottoporti al giudizio”; c’è del vero in questo concetto e c’è della logica che fa a pugni con l’immagine stereotipata del tifoso muscolare e ignorante.
E allora, se dobbiamo riflettere, facciamolo e con una certa serietà, anche se l’argomento non mi spingerebbe a farlo (diceva Stajano “la situazione è drammatica ma non seria”); dunque rifacciamoci ad una dichiarazione della Ministra Melandri, bellina, molto tipo ochetta, un po’ sullo stile “velina non più giovanissima”, che afferma con la sicumera degli ignoranti che quello andato in onda nell’estate 2006 è “il più grande scandalo del calcio italiano”; ma quando mai! Ma chi glielo ha detto! Ma se dopo quintali di intercettazioni telefoniche e due gradi di giudizio sportivo, non si è riusciti a trovare uno straccio di prova circa le tante partite truccate e i giudici si sono dovuti accontentare di condanne a squadre e dirigenti emesse soltanto per “mancata lealtà sportiva”?
Infatti, dalle intercettazioni si apprende che la partita “A contro B” verrà condizionata a favore di B per mezzo dell’arbitro “tizio”: ebbene il risultato processuale è che sia i commissari di campo che l'arbitro smentiscono il teorema e quindi il presunto illecito resta al palo; rimane la condotta antisportiva per “avere parlato di fare l’inciucio” e questo, secondo la giustizia sportiva è sinonimo di mancanza di lealtà.
Quindi, le condanne sono state tutte ridimensionate, ma le squadre e i dirigenti non si accontentano e – vista l’assenza totale di prove concrete per i presunti illeciti – sperano di ottenere ancora altri sconti di pena.
D’altro canto, già in occasione del giudizio di primo grado si avvertiva qualche grosso errore di impostazione; infatti se Moggi e Giraudo erano descritti come gli incontrastati mestatori che facevano e disfacevano nel mondo del pallone, con quali strumenti potevano aggiustare le partite interessate se gli arbitri sono stati tutti pienamente assolti, ad esclusione di De Santis e di Pasparesta, quest’ultimo condannato a pochi mesi soltanto per omessa denuncia?
Cioè, tutti gli illeciti di cui si parla nelle varie intercettazioni da chi sarebbero stati perpetrati se non per mezzo di arbitri corrotti? Ma se poi si assolve con formula piena tutti i direttori di gara – meno uno - viene a mancare “l’arma del delitto” e, conseguentemente, il delitto stesso.
Perciò, cara Ministra Melandri, a guardare le sentenze siamo ben lontani da uno scandalo epocale, tipo – tanto per intenderci – quello che vide coinvolti svariati giocatori di primissimo piano nel calcio scommesse; il dubbio che resta adesso è se hanno ragione le carte processuali oppure ha ragione la “vox populi” che invece continua ad affermare che il calcio è fortemente inquinato e che esiste una corruttela spalmata ampiamente su quasi tutta l’attività calcistica.
Ci sarebbe poi una battuta conclusiva: i tifosi juventini si sono scatenati non contro la giustizia sportiva, bensì contro i propri dirigenti, rei – a loro dire – di non avere fatto tutto il possibile per difendere la squadra; il ragionamento che fanno i tifosi è il seguente: “se ancora prima della sentenza smantelli la squadra vendendo i pezzi più pregiati, induci la giustizia sportiva a ritenerti reo confesso ancora prima di sottoporti al giudizio”; c’è del vero in questo concetto e c’è della logica che fa a pugni con l’immagine stereotipata del tifoso muscolare e ignorante.