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giovedì, giugno 08, 2006

STANGATA SANITA' 

Le possiamo chiamare “le magnifiche sette” oppure quelle che si sono distinte per avere un deficit nella sanità che sfora il tetto di spesa: esse sono Piemonte (disavanzo di 216/milioni di euro), Liguria (-252/milioni), Lazio (-1.800/milioni), Campania (sotto di 1132/milioni), Abruzzo (-180/milioni), Molise (-80/milioni) e Sicilia (-625/milioni).
Secondo la “finanziaria” del precedente governo, le regioni che hanno un disavanzo superiore a quello previsto dai tetti di spesa possono venire assoggettate al “massimo” regime per le aliquote di IRAP e ISPEF.
Il nuovo governo – insediato da poco e ancora non pienamente funzionante – si è trovato questa tegola tra capo e collo e ha passato la patata bollente al Ministro Padoa Schioppa che ha ricevuto il Presidente della Conferenza Regioni, Vasco Errani dell’Emilia-Romagna, per significargli che, stante la gravità della situazione dei conti pubblici, non si poteva chiudere nessun occhio e che, al massimo, poteva essere concesso ai “fuori norma” un mese di tempo per presentare eventuali piani di rientro, in difetto dei quali scatterà il prospettato aumento di IRAP e IRPEF.
Il problema che Padoa Schioppa non ha visto – non essendo un politico di professione ma un tecnico dell’economia – è che tutte quelle Regioni, esclusa la Sicilia, sono amministrate da giunte di centro sinistra e, con un governo colorato alla stessa maniera, non si sarebbe fatta una gran bella figura.
Quindi, sulla base di tali valutazioni, Errani ha ottenuto una sorta di “tempo supplementare” per cercare di sistemare il deficit prima di rendere operativo l’aumento delle aliquote.
A questo punto facciamo un breve discorso su come si debbono sentire i cittadini che abitano in queste regioni: mi si dirà che l’aumento delle tasse è reso necessario per l’alto livello al quale viene erogata la sanità.
Ma se così non fosse? Se invece dell’alto livello della sanità (specie in Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia) si trattasse di “sprechi”, di somme gettate in cattiva gestione o – e questo sarebbe ancora peggio - di denaro che l’amministrazione regionale ha utilizzato in inutili consulenze con amici, sodali, amici di amici, amici di partito, amici ai quali non si può dire di no, eccetera eccetera.
Ma a ben guardare non ci sarebbe poi niente di strano: il cittadino – ormai sempre più pecora da tosare – ha votato per quella amministrazione e deve pagarne le conseguenze; ma e quelli che non l’hanno votata? Come si dice: in democrazia conta la maggioranza e quindi anche la cosiddetta “minoranza” si deve adeguare.
Certo che non deve essere una bella soddisfazione avere una sanità scadente e pagare “più” di quelli che ce l’hanno buona, o in alcuni casi, ottima.
Comunque, a dispetto del problema sanità, non è che gli amministratori delle regioni nell’occhio del ciclone si siano ritirati in convento per espiare i loro peccati e neppure che abbiano chiesto perdono ai loro elettori, coprendosi il capo di cenere, anzi adesso cercano di brigare con il Ministro dell’Economia perché questa sorta di “multa” sia rinviata più in là possibile, ma – in qualunque modo vada la procedura – alcuni di loro (quelli abruzzesi, ad esempio) hanno già decretato di darsi un aumento (modesto per la verità!) alle loro già laute prebende: mancano i soldi? E chi se ne frega, si tosano le pecore!
Sembrerebbe una battuta di spirito, ma purtroppo anziché da ridere mi sembra proprio una situazione da piangere. A voi no??

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