<$BlogRSDUrl$>

giovedì, giugno 22, 2006

IERI HO SEPOLTO IL MIO MAESTRO 

Nel pomeriggio di ieri ho partecipato elle esequie per la sepoltura del mio maestro, quello che per me è stato un autentico “magister” e che ha significato tanto nella mia vita.
L’ho conosciuto nei primi anni ’70, quando mi affacciavo timidamente alla critica cinematografica e, assistendo ad una sua lezione, mi resi immediatamente conto delle fesserie che stavo sparando a destra e a manca; mi resi conto che il linguaggio dell’immagine – proprio perché “linguaggio” – ha una sua grammatica ed una sua sintassi, attraverso le quali l’autore veicola il suo pensiero; è ovvio che se non si conoscono queste caratteristiche, si prende l’immagine come se fosse la realtà e, oltre a non arrivare a comprendere l’idea dell’autore che sta dietro a questa struttura, si viene “colonizzati” da colui che sta a monte dell’immagine e che ci contrabbanda queste “sue visioni della realtà” come se fossero delle realtà alle quali noi assistiamo quasi in presa diretta e delle quali diventiamo dei “conoscitori per esperienza diretta”.
Ovviamente niente di più falso e niente di più colonizzante, ed infatti si dice che l’attuale civiltà è quella dell’immagine e che questa ha prodotto – oltre a grandi e specifiche conoscenze – una sorta di schiavi inconsapevoli che vanno dietro all’immagine e ne vengono da questa strumentalizzati: l’esempio più eclatante di questa realtà è rappresentato dalla televisione e da quello che è diventata, cioè un assurdo connubio che ha da una parte grandi conoscenze di parti del mondo che altrimenti sarebbero a noi sconosciute e, al tempo stesso, ci conduce – con un anellino d’oro legato al nostro naso – dove “i padroni del vapore vogliono che si vada”, sia sotto il profilo economico che politico ed anche etico.
Ma torniamo al mio “magister”: la prima cosa che mi colpì di lui fu uno dei tanti assiomi che ebbe a coniare:” l’immagine di una sedia non è una sedia”, aggiungendo che quando arriveremo a fare autonomamente e automaticamente questo semplice processo, tutte le volte che saremo di fronte ad un’immagine - sia essa cinematografica o televisiva oppure facente parte della riproduzione della stampa e della pubblicità – allora e solo allora potremo considerarci liberi di fronte al bombardamento mediatico al quale siamo sottoposti quotidianamente: si pensi soltanto a questo dato, l’85% delle comunicazioni interumane avviene attraverso l’immagine tecnica e soltanto il restante 15% è svolto attraverso la comunicazione interpersonale (dialoghi tra persone).
Dopo essermi applicato allo studio della metodologia e della metodica di sua invenzione, mi sono reso conto che la sua applicazione aveva senso anche nella vita di tutti i giorni e, così come di fronte all’immagine dobbiamo chiederci “cosa rappresenta”, “come lo rappresenta” e infine “perché questo cosa viene rappresentato con questo come” e cercare di risponderci, anche nella vita di tutti i giorni, nella realtà che ci abbranca da tutte le parti, questo principio di ricerca della verità assoluta delle cose è e sarà sempre basilare per un corretto modo di stare a questo mondo.
E quindi, ecco perché oltre che per la metodologia e la metodica per “leggere” (cioè decodificare) l’immagine, sono debitore al mio “magister” di questa applicazione nella vita di tutti i giorni. E non lo dimenticherò mai e mai riuscirò a rendergli quello che ho avuto da lui, campassi altri cento anni.
Scusate se sono sceso così tanto nel personale, ma ho pensato che sarebbe stato bello parlarne con tutti voi, se non altro perché mi conosciate sempre meglio.

This page is powered by Blogger. Isn't yours?