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martedì, giugno 13, 2006

E ADESSO PARLIAMO DI DONNE 

Se non ricordo male, questo argomento l’ho trattato altre volte, ma – a parte che ripetere serve sempre – l’apprendere dalla stampa o dai TG di queste forme di violenza bestiale nei confronti delle donne, mi manda in bestia e così mi ritrovo al computer a scrivere un post per condividere con gli amici questo mio stato d’animo.
Questa volta le vicende sono due, avvenute lo stesso giorno a poche ore di distanza una dall’altra: la prima ha avuto luogo a Pescara e si riferisce ad una giovane donna che si ritrova con alcuni amici in un pub alla moda per bere qualche bicchierino e parlare del più e del meno: una delle solite serate per “tirare tardi”, ed infatti alle 2.30 la ragazza esce dal locale e si dirige verso la propria auto parcheggiata a pochi metri, seguita da un giovane che l’aveva molestata all’interno del pub, accompagnato da due o tre persone.
I violentatori la bloccano in una via ancora centralissima e la trascinano all’interno di un edificio dove la sventurata viene prima pestata selvaggiamente – frattura del naso e dell’orbita oculare – e poi la violentano barbaramente a turno; la cosa va avanti per alcune ore, finché la donna sviene e non sa dire quello che è accaduto in quel lasso di tempo fino al mattino verso le sette e mezzo quando riprende i sensi e comincia a invocare aiuto: arriva la Polizia, la ragazza viene portata all’Ospedale, ma prima riesce a dare precise indicazioni sul capo del commando degli stupratori: è un giovane di appena 22 anni che viene arrestato e risulta essere una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine.
Gli altri componenti del branco sono stati identificati e vengono attivamente ricercati; nel frattempo arriva il referto dell’ospedale con la relativa prognosi: la donna ne avrà almeno per sette settimane (cioè circa 50 giorni).
Il secondo caso avviene a Firenze, lungo la pensilina esterna della Stazione, dove trova un po’ di riposo una anziana “clochard” (traduzione letteraria: senzatetto) che noi definiamo “barbona”: cinquantasette anni su un corpo di un centinaio di chili, un sorriso dolce alla caccia di pensieri nascosti, una ricerca continua di un pasto caldo e di un bicchiere per scaldarsi il cuore; una notte viene avvicinata da un marocchino di 40 anni, più volte ospite delle patrie galere, dalle quale era uscito una quindicina di giorni prima.
Il bruto – non so se è giusto definirlo così e basta – si avvicina alla povera donna e comincia a infastidirla, lei prima lo supplica di lasciarla stare, poi comincia a invocare aiuto, allora lui le mette sulla faccia una sudicia coperta e la riempie di pugni finché la donna sviene, allora il “maschio”, le abbassa i pantaloni di una sudicia tuta e abusa di lei.
Si trovano a passare due guardie giurate che vedono lo spettacolo e, non sentendo i lamenti della donna, pensano ad una copulazione consenziente che loro cercano di interrompere, ma il marocchino non ne vuole sapere di smettere e fino a che non avrà fatto i suoi comodi non cessa di tormentare la povera donna, poi si chiude i pantaloni e se ne và; la “barbona” dopo un po’ si riprende e chiede aiuto, raccontando tutto alla Polizia Ferroviaria che non impiega molto tempo per arrestare il violentatore.
So bene che le due vicende mal si accordano – almeno sotto certi aspetti psicologici – ma al tempo stesso rappresentano due facce della stessa medaglia: la furia cieca dell’uomo/bestia nei confronti della femmina/preda; in entrambi i casi i due maschi non hanno pensato di meglio che sottoporre due donne ai loro sudici intenti e, con tutta probabilità, si saranno meravigliati assai che ci sia qualcuno che abbia qualcosa da ridire su azioni che loro ritengono un proprio insindacabile diritto.

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