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martedì, maggio 30, 2006

QUESTA NON E' FATALITA' 

In Indonesia, precisamente nell’Isola di Giava, un terremoto di media entità (6,2 della scala Richter) ha fatto una strage: al momento in cui scrivo sono 5.000 i morti “ufficiali”, e almeno 20.000 i feriti, mentre i senza tetto variano tra un numero di 100.000 di stima UNICEF e 200.000 di fonte Croce Rossa; ma queste cifre sono purtroppo destinate ad aumentare quando saranno rimosse tutte le macerie, anche perché adesso si temono anche epidemie.
L’evento è di quelli che, quando accadono, ci fanno imprecare alla sfortuna che colpisce povere popolazioni indifese, alla natura che sembra ribellarsi contro il dominio dell’uomo ed altre scempiaggini del genere; dico questo perché se intervistate un sismologo vi dirà che terremoti come quello di Giava ne avvengono almeno un paio al giorno e in Italia, in un anno, ci sono almeno 8.000 scosse con magnitudo superiore a 4; a mo’ di corollario aggiunge che se una scossa come quella registrata a Giava si fosse abbattuta in Giappone o in California non avrebbe provocato vittime e probabilmente neppure danni consistenti.
Detta così, si resta perplessi, perché sembra quasi che i morti siano stati causati da un’altra cosa che non dal sisma; e invece è stato proprio quello a provocare i morti e le distruzioni, ma la responsabilità del terremoto è assai relativa in quanto le vittime sono state tutte provocate dai crolli degli edifici costruiti senza alcune attenzione alla normativa anti sismica.
L’Indonesia è un Paese ancora povero che sta avendo un “apparente” boom economico in questi ultimi anni, derivato principalmente dal turismo; per stare in linea con la richiesta di strutture abitative, hanno tirato su case all’impazzata senza nessun criterio e senza nessuna verifica, e questi sono i risultati.
Ecco perché nel mio titolo parlo di “fatalità”, in quanto non possiamo imputare a questo fattore i mali che tutti noi conosciamo, ma neppure quelli indotti dalla superficialità e dall’ingordigia di incassare dei denari per riempire la pancia; a questo proposito va notato che gli unici edifici che non hanno risentito del sisma sono quelli governativi e certi alberghi di lusso destinati a turisti di riguardo: come volevasi dimostrare!
Gli scienziati del settore, che appaiono solo in presenza di queste disgrazie per poi scomparire come messi in naftalina, affermano che al momento non hanno fatto grandi progressi gli studi per “prevedere” i terremoti e che quindi l’unica forma di lotta è la costruzione – in zone sismiche ben identificabili – di strutture abitative e commerciali realizzate con criteri anti sismici; in Paesi più ricchi e progrediti ci sono già arrivati, mentre per gli “altri” bisognerà attendere ancora un bel numero di terremoti.
Le autorità indonesiane stanno chiedendo aiuto al mondo intero e, quando gli altri gli domandano di cosa hanno bisogno, la risposta è sempre la stessa: di tutto!
Diversamente dall’evento-tsunami, dove c’erano svariati occidentali morti o feriti, in questa occasione non sembra che si stia ripetendo questa situazione; perché dico questo, ma perché – come ebbi modo di scrivere all’epoca – la grande generosità del mondo occidentale derivò dall’interesse spasmodico che i mass-media dettero all’accaduto e questo interesse discendeva direttamente dalla presenza di connazionali morti o feriti o scampati miracolosamente.
Datemi pure del cinico, ma l’iter della generosità passa attraverso l’interessamento dei media e quindi questa volta ci sarà meno “generosità”: scommettiamo che ci indovino?

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