lunedì, maggio 08, 2006
LA MORTE E’ SEMPRE MORTE, PERO’…
In questi giorni ci sono tre eventi drammatici che mi hanno fatto riflettere sulla morte e sulla sua diversità; mi spiego meglio: ci sono morti che potevano essere evitate e morti che invece i destinatari non avrebbero potuto farci niente; il destino?? Forse, ma non solo.
Il primo evento ha come epicentro la capitale dell’Afganistan, Kabul, e vede protagonisti due alpini inviati in quel luogo inospitale per la famosa missione di pace della fine del 2003; i due, insieme ad un terzo che è soltanto ferito, sono stati falciati da una bomba comandata a distanza, di matrice quasi sicuramente talebana (ricordate il mullah Omar? E’ proprio lui, il cognato di Bin Laden).
Di contro a questa tragica vicenda, che poi và ad assommarsi all’attacco di Nassiriya, abbiamo l’uccisione di una ragazzina di venti anni con in pancia un bimbo che tra dieci giorni sarebbe nato: reo confesso dell’omicidio un uomo di 34 anni, già sposato e padre di due figli, che con la giovane si comportava come un fidanzato e altrettanto faceva con la famiglia di lei; l’arrivo del bimbo avrebbe complicato talmente le cose che egli non ha retto: allo stesso modo dell’ultimo film di Woody Allen, “Match Point”, ha ucciso la ragazza e ha anche cercato di fuggire, ma – a differenza del film – non c’è riuscito ed è stato catturato.
Una sola domanda: ai miei tempi, la famiglia che riceveva in casa un “fidanzato” della figlia si premuniva di acquisire delle informazioni sul medesimo; adesso evidentemente questo comportamento appare vecchio, superato, si riceve in casa chiunque e… poi ci si ritrova in questo modo: non voglio accusare nessuno, ma sarebbero bastate delle normali informazioni per appurare lo stato maritale del “fidanzato” e per non meravigliarsi adesso che è successo l’irreparabile.
Comunque queste sono due morti che hanno il carattere dell’ineluttabilità: la prima perché gli alpini – sia pure non mandati in missione all’estero, ma volontari e lautamente retribuiti – stavano facendo il proprio dovere e il destino li ha barbaramente acchiappati; la seconda era solo poco più di una bambina che si stava affacciando alla vita e anche in questo caso il destino ha voluto prenderla con se; da parte della famiglia di lei ci saranno recriminazioni a non finire, ma ormai non si può cambiare niente.
Il terzo evento merita un discorso a parte: si tratta della morte di Gianpaolo Tarabini, titolale – insieme alla moglie Anna Molinari – del marchio di moda “bluemarine”; tale morte è avvenuta in Africa, precisamente nello Zimbabwe, durante una battuta di caccia agli elefanti.
Adesso si apprendono anche i particolari della vicenda che ha preso l’avvio quando il Tarabini ha ucciso un elefante maschio e nessuno si è accorto che da dietro la boscaglia sono sbucate due elefantesse inferocite che hanno caricato i cacciatori; nel fuggi fuggi generale, Tarabini è inciampato ed è caduto a terra dove è stato raggiunto da una delle due elefantesse che lo ha afferrato con le zanne e lo ha scaraventato a qualche metro di distanza, per poi colpirlo nuovamente fino a quando un altro componente della spedizione, ha sparato e ucciso l’animale.
Ecco, in questo drammatico evento, ci vedo poco l’intervento del cosiddetto destino; cosa diavolo ci faceva il novello Tarzan italiano a caccia di elefanti? Come facciamo a dare contro all’elefantessa che – in un certo senso – ha cercato di vendicare il compagno ucciso? Ma perché non si lasciano in pace questi benedetti animali e ci si limita ad ammirarli allo zoo, oppure – chi può permetterselo – nel loro ambiente naturale?
Mi fermo qui altrimenti do ragione all’elefantessa!!
Il primo evento ha come epicentro la capitale dell’Afganistan, Kabul, e vede protagonisti due alpini inviati in quel luogo inospitale per la famosa missione di pace della fine del 2003; i due, insieme ad un terzo che è soltanto ferito, sono stati falciati da una bomba comandata a distanza, di matrice quasi sicuramente talebana (ricordate il mullah Omar? E’ proprio lui, il cognato di Bin Laden).
Di contro a questa tragica vicenda, che poi và ad assommarsi all’attacco di Nassiriya, abbiamo l’uccisione di una ragazzina di venti anni con in pancia un bimbo che tra dieci giorni sarebbe nato: reo confesso dell’omicidio un uomo di 34 anni, già sposato e padre di due figli, che con la giovane si comportava come un fidanzato e altrettanto faceva con la famiglia di lei; l’arrivo del bimbo avrebbe complicato talmente le cose che egli non ha retto: allo stesso modo dell’ultimo film di Woody Allen, “Match Point”, ha ucciso la ragazza e ha anche cercato di fuggire, ma – a differenza del film – non c’è riuscito ed è stato catturato.
Una sola domanda: ai miei tempi, la famiglia che riceveva in casa un “fidanzato” della figlia si premuniva di acquisire delle informazioni sul medesimo; adesso evidentemente questo comportamento appare vecchio, superato, si riceve in casa chiunque e… poi ci si ritrova in questo modo: non voglio accusare nessuno, ma sarebbero bastate delle normali informazioni per appurare lo stato maritale del “fidanzato” e per non meravigliarsi adesso che è successo l’irreparabile.
Comunque queste sono due morti che hanno il carattere dell’ineluttabilità: la prima perché gli alpini – sia pure non mandati in missione all’estero, ma volontari e lautamente retribuiti – stavano facendo il proprio dovere e il destino li ha barbaramente acchiappati; la seconda era solo poco più di una bambina che si stava affacciando alla vita e anche in questo caso il destino ha voluto prenderla con se; da parte della famiglia di lei ci saranno recriminazioni a non finire, ma ormai non si può cambiare niente.
Il terzo evento merita un discorso a parte: si tratta della morte di Gianpaolo Tarabini, titolale – insieme alla moglie Anna Molinari – del marchio di moda “bluemarine”; tale morte è avvenuta in Africa, precisamente nello Zimbabwe, durante una battuta di caccia agli elefanti.
Adesso si apprendono anche i particolari della vicenda che ha preso l’avvio quando il Tarabini ha ucciso un elefante maschio e nessuno si è accorto che da dietro la boscaglia sono sbucate due elefantesse inferocite che hanno caricato i cacciatori; nel fuggi fuggi generale, Tarabini è inciampato ed è caduto a terra dove è stato raggiunto da una delle due elefantesse che lo ha afferrato con le zanne e lo ha scaraventato a qualche metro di distanza, per poi colpirlo nuovamente fino a quando un altro componente della spedizione, ha sparato e ucciso l’animale.
Ecco, in questo drammatico evento, ci vedo poco l’intervento del cosiddetto destino; cosa diavolo ci faceva il novello Tarzan italiano a caccia di elefanti? Come facciamo a dare contro all’elefantessa che – in un certo senso – ha cercato di vendicare il compagno ucciso? Ma perché non si lasciano in pace questi benedetti animali e ci si limita ad ammirarli allo zoo, oppure – chi può permetterselo – nel loro ambiente naturale?
Mi fermo qui altrimenti do ragione all’elefantessa!!